Chiunque sia minimamente connesso al settore agricolo lo sa:
dopo anni di rinvii, rimpalli, incomprensioni, comprensioni, sul tema revisione
delle macchine agricole qualche passo in avanti era stato fatto
Tanto che dal primo gennaio 2015, con una legge ad hoc,
erano state delineate date (1 gennaio 2018), scadenze (le prime macchine ad
andare in revisione sono quelle ex ante 1973), qualche certezza (poche, per la
verità). Ed è proprio quest’ultimo il punto: oggi, nonostante il 1 gennaio sia
trascorso da qualche tempo, è ancora tutto fermo perché manca il decreto
attuativo, il secondo a essere precisi (il primo è datato 5 maggio 2015), ossia
il rifermento normativo che dovrebbe delineare le modalità di attuazione della
revisione delle macchine agricole. Il che, chiaramente, rende inapplicabile il
tutto. D’altro canto, c’era da aspettarselo.
Il tema che ha ostacolato la messa a punto della revisione
delle macchine agricole, è sempre stato questo: quali criteri concreti adottare
per farla?
Ministeri coinvolti – Trasporti e Politiche agricole (in
parte quello del Lavoro coinvolto per il discorso della sicurezza) – e più in
generale gli stakeholder del settore, non sono mai stati unanimi nel dare una
risposta concreta perché, in effetti, non è semplice immaginare l’iter
corretto. Non è semplice, ma non è impossibile: presa coscienza del fatto che
sia difficile spostare le macchine presso le (poche) sedi della motorizzazione,
negli anni sono stati ipotizzati il ricorso a unità mobili o il coinvolgimento
di officine convenzionate, in modo da rendere possibile la revisione a
chilometro zero, senza addentrarsi in problematiche legate alla codice
stradale. Certo si dovrebbe computare anche l’aspetto dei costi – le officine mobili
costano, è indubbio – ma al momento è di fatto inutile. Finché non si trova la
strada giusta, non ha senso ipotizzarli. Va detto, però, ma senza allarmismi,
che a quanto pare risulterebbero essere più alti rispetto ai costi che si
sostengono per revisionare un qualsiasi altro veicolo, proprio per le
complicanze di cui sopra.
Paradossi made in Italy
Tornando a oggi, dunque, la situazione è questa: il 31
dicembre 2017 è scaduto il termine entro il quale le macchine agricole
immatricolate prima del 31 dicembre 1973 avrebbero dovuto fare la revisione.
Certo stiamo parlando di mezzi che hanno compiuto 45 anni e pertanto in
circolazione non ce ne sono tantissimi (ma nemmeno pochi). Pochi o tanti che
siano, in ogni caso, la situazione (assurda!!) è la seguente: dal primo gennaio
2018, i possessori dei trattori suddetti – quelli cioè ex ante 1973 – non sono
a posto con la normativa. Ma non per colpa loro. Il prossimo step (fissato per
il 31 dicembre 2018), però, comprende le macchine immatricolate dal 1 gennaio
1974 al 31 dicembre 1990. Qui i numeri cambiano, crescono, iniziano a essere
parecchio importanti. E il 31 dicembre 2018 è alle porte.
Ma, nel concreto, a che cosa vanno incontro gli agricoltori?
Si può comunque essere oggetto di controlli? E se sì, che cosa
succede? Il buon senso direbbe che, al momento, nessuna sanzione deve essere
ingiunta dalle forze dell’ordine. Inutile girarci intorno, ma la legge così
com’è non è applicabile e non è colpa degli utenti. Eppure nei giorni scorsi si
è saputo di una storia tutta italiana: un agricoltore di Vicenza è stato
fermato dalle forze dell’ordine a bordo del proprio trattore immatricolato
negli anni antecedenti al 1973. Gli è stata chiesta la revisione e, ovviamente,
lui ne era sprovvisto. È stato sanzionato con un’ammenda di 85 euro.
Fonte: Trattori supermarket
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