Si
tratta di un “tutorial” messo a punto dall’Università di Firenze e divulgato
tramite un video accessibile gratuitamente su internet
Un
video per autovalutare la fertilità del suolo in agricoltura biologica - si
legge nella presentazione pubblicata da "Unifi Magazine" - in modo da
programmare meglio gli interventi colturali e i tempi di lavorazione. E’ uno
dei risultati della ricerca Unifi coinvolta nel progetto europeo FertilCrop
(Fertility Building Management Measures in Organic Cropping Systems), nell’ambito
del programma quadro per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020.
Il
progetto, svoltosi dal 2015 al 2017, si è occupato di elaborare strumenti di
tipo pratico-applicativo per migliorare la fertilità dei suoli in agricoltura
biologica, attraverso l’analisi di vari casi di studio: vi hanno partecipato,
fra gli altri, l’Ateneo fiorentino, l’Università di Pisa e la Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa; la conduzione complessiva era a carico dell’Istituto di
ricerche dell’agricoltura biologica (FiBL), una rete di centri di competenza
svizzeri, tedeschi e austriaci.
L’
audiovisivo a carattere tecnico-divulgativo, praticamente un tutorial a
disposizione gratuita degli agricoltori, è stato realizzato dal Laboratorio
multimediale di Ateneo, sotto la supervisione scientifica di Cesare Pacini,
docente di Agroecologia del dipartimento fiorentino di Scienze delle Produzioni
Agroalimentari e dell’Ambiente (DISPAA), insieme a Daniele Antichi (Università
di Pisa) e all’agroecologo Luca Conte (Scuola esperienziale itinerante di
agricoltura biologica). “Il test della
vanga” – questo il nome del video – indaga attraverso l’osservazione di un
semplice prelievo di terra di circa 30 centimetri di profondità, realizzato con
una forca o una vanga, gli elementi che contribuiscono positivamente alla
fertilità del terreno, come ad es. la sua permeabilità all’acqua, all’aria e
alle radici, la presenza di flora spontanea e di lombrichi, ma anche il colore
e l’odore buono, testimonianza della trasformazione della sostanza organica in
humus ad opera dei funghi.
Viceversa,
sono segnali negativi sul fronte della fertilità sia una zolla compattata, che
non si frantuma neppure dopo una caduta da un metro di altezza, sia una terra
che presenti sfumature grigie e bluastre, conseguenza dell’azione dei batteri
che – in assenza di ossigeno – trasformano la sostanza organica in composti
maleodoranti (acido solfidrico, acido acetico…).
Il
test della vanga è stato proposto come strumento di pratico utilizzo in vari
workshop a circa 100 agricoltori toscani (vitivinicoltori e agricoltori di
seminativi). In seguito è stato prodotto il tutorial, che è disponibile da
pochi giorni sul web e di fatto è una traduzione operativa delle indagini più
propriamente scientifiche condotte dal gruppo fiorentino e dai colleghi pisani
all’interno del progetto FertilCrop.
“L’indice
principale della fertilità del terreno – spiega Cesare Pacini – è la presenza
di sostanza organica, l’insieme dei composti organici, di origine sia animale
che vegetale, presenti nel terreno. Meno sostanza organica equivale a meno
fertilità. Nella ricerca abbiamo indagato e messo a confronto le cosiddette
lavorazioni conservative, le pratiche cioè che hanno lo scopo di conservare la
fertilità del terreno. E insieme abbiamo proceduto al paragone fra agricoltura
convenzionale e agricoltura biologica riguardo ai vari indicatori di
fertilità”.
I
ricercatori fiorentini hanno realizzato le loro sperimentazioni presso
Montepaldi, l’azienda agricola dell’Ateneo, dove è attivo l’esperimento di agricoltura
biologica più duraturo di tutta l’area del Mediterraneo, MOLTE (Montepaldi Long
Term Experiment), iniziato nel 1991 sotto la direzione di Concetta Vazzana.
Fra
le lavorazioni conservative della fertilità del terreno, la tradizionale
aratura – che espone la terra a diretto contatto con l’atmosfera e ne aumenta
il tasso di mineralizzazione, impoverendola di sostanza organica – è stata
paragonata con le tecniche della rippatura, con cui il suolo viene smosso fino
ad una profondità di 50 cm circa ma senza essere rivoltato, e con la
frangizollatura, che arriva ad una profondità di 10 cm. I risultati segnalano
che l’aratura garantisce un maggior livello di produttività, ma la rippatura
migliora la struttura fisica del terreno rendendolo più permeabile e capace di
ospitare radici e forme di vita animale. Oltre a questi elementi, il confronto
fra agricoltura biologica e convenzionale rivela che la disponibilità di azoto
nel terreno si mantiene praticamente uguale nei due casi: nell’agricoltura
convenzionale grazie ai fertilizzanti, nell’agricoltura biologica, invece,
grazie alle colture di leguminose (erba medica, cece, lenticchia…). “Un’altra
sfida per la ricerca in questo campo – spiega ancora Cesare Pacini – è capire
come mobilizzare il fosforo che è presente nei campi coltivati secondo il
metodo biologico, ma non è facilmente assimilabile dalle piante”.
Qui
trovi l'audiovisivo https://www.youtube.com/watch?v=xavRz-fc4yk&t=15s
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