L’agricoltura italiana ha fornito validissimi esempi di
“water harvesting”, come i laghetti collinari nel Centro Italia o le cisterne
interrate nelle zone carsiche del Sud. Questo servizio ecologico delle aziende
agrarie torna di attualità in considerazione delle anomalie climatiche e
soprattutto del regime delle piogge.
Se il numero di eventi piovosi nell’anno tende a diminuire,
l’intensità di pioggia aumenta (tropicalizzazione del clima). Da un punto di
vista agronomico questo vuol dire che la pioggia è meno efficace per le
colture. L’efficacia della pioggia si misura in termini di acqua immagazzinata
nel profilo del suolo. L’acqua di pioggia che non si infiltra nel suolo
“ruscella” in superficie, quella che supera la capacità di trattenuta del suolo
“drena”. Nel bilancio idrico di un suolo coltivato, ruscellamento e drenaggio
rappresentano delle perdite. “Raccolta” in serbatoi artificiali, l’acqua non
trattenuta dal suolo contribuisce ad alleviare la siccità se ridistribuita alle
colture sotto forma di acqua irrigua.
Le pratiche di gestione del suolo alterano la capacità di
invaso del suolo (agendo sulla struttura), riducono le perdite per evaporazione
e drenaggio, migliorano l’efficienza d’uso dell’acqua da parte delle colture.
L’acqua nel suolo è il risultato dell’interazione di cinque
processi: infiltrazione, ruscellamento, evaporazione, drenaggio e
traspirazione. Ogni processo a sua volta è regolato da grandezze modificabili
per effetto delle tecniche agronomiche.
Le agrotecniche che regolano il bilancio idrico dei suoli
mirano da una parte ad aumentare la capacità di invaso (agendo sulla profondità
di radicazione e la dimensione dei pori) e dall’altra alla riduzione del
deflusso e dell'evaporazione.
Gli agricoltori, soprattutto olivicoltori e cerealicoltori,
sono sempre più consapevoli dei vantaggi derivanti dalle pratiche di gestione
conservativa (che si basano su due principi: minimo disturbo e copertura
permanente del suolo) nel migliorare la disponibilità di acqua del suolo e,
allo stesso tempo, nel regolare il bilancio idrico. Tuttavia il trasferimento
dei principi di agricoltura conservativa alla pratica aziendale è rallentato
dalla assenza sul mercato di specifici macchinari (progettati espressamente per
le dimensioni delle aziende agricole italiane, nonché per la topografia del
territorio) e agro-farmaci (per la gestione integrata delle specie avventizie).
Gli studi agronomici hanno dimostrato i limiti
dell’agricoltura conservativa, soprattutto in terreni argillosi in condizioni
climatiche umide o sub-umide e con colture che lasciano elevate quantità di
residui colturali. Oltre agli studi “on farm”, la ricerca agronomica utilizza
approcci modellistici per valutare l’effetto sul bilancio idrico di diverse
agrotecniche, in funzione del tipo di gestione del suolo, dell’uso del suolo,
dell’andamento meteorologico o degli scenari climatici.
Ruscellamento e drenaggio sono due termini del bilancio
idrico che, se estrapolati dalla scala aziendale, rappresentano importanti
eco-servizi idrologici che le aziende agrarie forniscono al territorio. I
modelli di sistemi colturali quantificano i volumi di acqua ruscellata o
drenata che una azienda restituisce ai corpi idrici naturali o ai bacini
artificiali. Una volta quantificata l’acqua “prodotta” dall’azienda, il valore
economico dell’eco-servizio si determina inequivocabilmente e dovrebbe essere
riconosciuto agli agricoltori che adottano quelle buone pratiche che
influenzano il bilancio idrico e favoriscono la raccolta di acqua dalla
superficie aziendale verso i bacini di accumulo.
(Il testo è un abstract della relazione esposta durante la
giornata di studio su “Acqua e serbatoi artificiali”, che si è svolta
all’Accademia dei Georgofili il 6 marzo 2018)
Autore: Marcello Mastrorilli
Fonte: Accademia dei Georgofili
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