Stefano Liberti, questa volta insieme a Fabio Ciconte, torna
a parlare di vero costo del cibo a basso prezzo mettendo in luce il sistema di
sussidi che regge il comparto agricolo. Chi paga davvero alla fine? Sempre noi.
Di seguito un estratto, mentre l’articolo completo è su Internazionale
[…] quello che paghiamo quando compriamo un prodotto non
tiene conto di una serie di costi nascosti: perché gran parte del comparto si regge su lavoro grigio non denunciato e su
sussidi di disoccupazione illeciti pagati dallo stato, cioè da tutti noi; e
perché i braccianti stranieri che lavorano in Italia spesso figurano solo
parzialmente negli elenchi dei lavoratori Inps, sostituiti da finti braccianti
italiani che non hanno mai messo le mani nella terra eppure beneficiano di
sussidi, assegni familiari e pensioni agricole.
“La politica dei
bassi prezzi non dà benefici a nessuno degli attori della filiera. Anzi, sta
erodendo il valore dell’ortofrutta agli occhi del consumatore. I produttori che
gestiscono una merce altamente deperibile sostenendone tutti i costi certi
della produzione sono la parte debole della filiera, hanno difficoltà a fare
reddito e a coprire i costi di produzione, dati di fatto questi che determinano
una iniqua distribuzione del valore lungo la filiera”
Gli operatori agricoli, schiacciati dalle imposizioni della
grande distribuzione organizzata, tendono a rifarsi sugli anelli più deboli
della filiera, in particolare sui braccianti. Risparmiano sul lavoro – e
addossano parte dei costi di manodopera sullo stato, che non percepisce parte
dei contributi e paga disoccupazioni non dovute. In una specie di gigantesca
partita di giro, il cibo venduto ai consumatori ha un prezzo basso, ma è di
fatto sovvenzionato da loro stessi attraverso sussidi non dovuti.
[…] I prodotti che raccolgono sui campi finiscono nei
mercati rionali, nei piccoli fruttivendoli di quartiere e sempre di più nei
punti vendita della grande distribuzione organizzata (gdo). Costano poco, a
volte pochissimo. Un mazzetto di ravanelli non arriva a un euro. Lo stesso vale
per le zucchine o per l’anguria, pagata pochi centesimi al chilo.
Ma quello che paghiamo quando compriamo un prodotto non
tiene conto di una serie di costi nascosti: perché gran parte del comparto si
regge su lavoro grigio non denunciato e su sussidi di disoccupazione illeciti
pagati dallo stato, cioè da tutti noi; e perché i braccianti stranieri che
lavorano in Italia spesso figurano solo parzialmente negli elenchi dei
lavoratori Inps, sostituiti da finti braccianti italiani che non hanno mai
messo le mani nella terra eppure beneficiano di sussidi, assegni familiari e
pensioni agricole.
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