Su un campione di oltre 1000 aziende agricole italiane
(oltre il 60% delle quali con meno di 5 ettari di superficie), la metà afferma:
«Sono disposto a prendere in prestito denaro perché penso che l’innovazione
possa migliorare la gestione aziendale» e il 72% degli intervistati dice che
«un’azienda che non innova è un’azienda che non sopravviverà». Sono due
risposte molto significative dei nostri agricoltori a un serie di domande poste
dall’indagine di Nomisma, Informatore Agrario e FederUnacoma sulla propensione
ad applicare nell’immediato futuro in azienda l’agricoltura digitalizzata 4.0.
Eppure, purtroppo la realtà aziendale è ancora ben diversa, quindi i buoni
propositi degli agricoltori intervistati non si sa quanto siano frutto di una
convinzione autentica o piuttosto dell’intenzione di evitare brutte figure.
Troppi trattori obsoleti senza guida satellitare
Le carte si scoprono infatti con un’altra domanda: «In
azienda utilizzate trattori con guida assistita o semi-automatica?». A questa,
l’82% degli intervistati risponde con un bel “no”. Solo il 18% afferma quindi
di utilizzare le guide gestite dal satellite, ma solo per evitare le
sovrapposizioni e mantenere una traiettoria diritta. E tutto il resto che si
può fare con la digitalizzazione e i sistemi satellitari? Nessuna domanda e
nessuna risposta dall’indagine.
Nel complesso, quindi, il risultato dello studio lascia
dietro di sé molte perplessità e non potrebbe essere diversamente, dal momento
che le maggiori attenzioni della stragrande maggioranza degli agricoltori viene
rivolta ancora al trattore piuttosto che alle attrezzature e ai sistemi
digitali, anche se poi tutta questa attenzione trova scarso seguito nelle statistiche
di vendita. L’Italia è infatti il terzo paese nel mondo come parco trattori,
con 1,7 milioni di macchine, dietro solo a Usa (4,80 milioni di trattori) e
Giappone (2,03 milioni di trattori). Francia, Germania e Spagna contano
rispettivamente 1,26, 1,03 e 0,88 milioni di trattori, ma hanno una superficie
arabile da 12 a 18 volte la nostra. In Italia dunque la superficie dominata da
un trattore è di appena 4 ettari, contro i 15 di Francia e Spagna e i 12 della
Germania.
Ma il dato più sconfortante è che solo il 22% dei trattori
circolanti ha meno di 10 anni e su 190.000 spandiconcime di età media 15 anni,
l’80% è monodisco. E che dire se dei 1500 spandiconcime venduti ogni anno solo
il 10-15% è ad alta tecnologia?
Sul problema del suolo gli agricoltori finalmente innovano
La strada sull’agricoltura 4.0 è ancora molto lunga, ma
almeno qualche segnale confortante si scorge all’orizzonte su un altro fronte.
L’ultima edizione dell’Eima ha confermato infatti che il problema “suolo”
finalmente sta facendo breccia tra i nostri agricoltori: sono sempre più
numerosi coloro che abbandonano l’aratura e le erpicature, sostituendole con
minime lavorazioni e sodo, convinti dalla realtà dei fatti e cioè dalla
drammatica riduzione di sostanza organica e vitalità dei loro terreni che
diventano sempre più difficili da lavorare.
Ecco allora che la minima lavorazione con erpici a dischi e
ancore, lo strip-till, le semine combinate a minime lavorazioni e semina su
sodo abbinate all’uso annuale delle cover crops, vengono individuati a ragione
come l’unica strada percorribile per salvare i terreni dalla impraticabilità.
Ora avviamo con coraggio l’innovazione digitale
Sono ancora troppi gli agricoltori che continuano ad arare,
ma sono sempre di più i colleghi che li criticano fortemente e quindi
l’inversione di tendenza è ormai segnata. Ora lo stesso percorso va applicato
alla digitalizzazione: se abbiamo troppi trattori vecchi il problema si supera,
perché chi non vuole acquistare una macchina nuova, con pochi euro può
trasformare il suo vecchio trattore in Isobus, rendendolo così capace di
colloquiare con satelliti e attrezzature. È una nuova sfida da vincere, serrando
le file e non perdendo altro tempo: solo con la digitalizzazione possiamo
rimare sul mercato. Ricordate la parola chiave della prossima Pac 2021-2027,
che è “smart”!
Fonte: Il Nuovo
Agricoltore
Autore: Roberto Bartolini
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