Campi che trattengono i gas serra invece di emetterli. Che
consolidano il terreno invece di indebolirlo. Che difendono il lavoro invece di
rafforzare il caporalato. Costo dell’operazione: 20 centesimi al chilo in più
per la passata di pomodoro. Cioè un compenso che rispetti i diritti di chi si
china sulla terra e dellaterra stessa. E’ questa la sintesi della campagna per
il giusto prezzo del cibo lanciata da EcorNaturaSì, la principale catena di
distribuzione del bio, in collaborazione con Legambiente.
“Chi entra in un negozio alimentare sa quanto paga il
prodotto ma non quanto è stato pagato dal commerciante: si gioca a carte
coperte”, spiega Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì. “Ma la corsa al
prezzo sempre più ridotto ha portato l’agricoltura convenzionale a un
abbassamento della qualità dei cibi, al lavoro in condizioni inaccettabili,
all’impoverimento della terra. E ora che il bio va di moda c’è la tentazione di
riproporre in questo settore la stessa logica. Noi non ci stiamo e abbiamo
deciso di mettere in chiaro i prezzi: diamo 33 centesimi a chi ci fornisce un
chilo di passata di pomodoro, contro gli 8 pagati dal convenzionale e i 13 del
bio di base”. “Bisogna dire cosa c’è dietro i prezzi, poi ognuno fa le sue
scelte. Non si può lottare contro il caporalato e comprare i pomodori a un
prezzo possibile solo usando lavoratori trattati come schiavi”, aggiunge
Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. “Senza contare l’effetto ambientale
che un’agricoltura ad alto uso di chimica di sintesi produce”.
Da attività collegata ai cicli della natura l’agricoltura si
è trasformata in un fattore di destabilizzazione climatica. In Italia l’11% dei
gas serra deriva direttamente dalle pratiche agricole e l’ultimo rapporto del
Club di Roma (Come On!) ricorda che “oggi l’agricoltura si rivela il business
più costoso e con margini di profitto drammaticamente negativi se le spese
esterne si aggiungono al costo di produzione”. Cioè sarebbe un’attività in
perdita se calcolassimo i danni prodotti all’ambiente. “Con le tecniche
biologiche invece si può contribuire a frenare la pressione del cambiamento
climatico”, ricorda Paolo Carnemolla, presidente di FederBio. “A patto di non
cercare scorciatoie e deroghe. Il bio ha da anni una crescita a due cifre
perché un numero sempre maggiore di persone mette la qualità del cibo in testa
alle priorià: pagare agli agricoltori prezzi troppo bassi significa avere un
prodotto non all’altezza delle attese di chi compra bio. Per questo, anche
attraverso la nostra campagna Cambia la terra, rilanceremo la questione del
giusto prezzo”.
Un punto di vista che comincia a mutare le regole del gioco.
Goel, un gruppo cooperativo calabrese in prima linea nella lotta contro il
caporalato e le mafie, è riuscito a organizzarsi assicurando ai produttori un
prezzo di 40 centesimi al chilo per le arance. E’ otto volte più di quello
offerto dai mediatori protetti dalle cosche. “Si tratta di moltiplicare i casi
virtuosi per evitare che i coltivatori onesti siano costretti ad abbandonare e
si crei un asse tra agricoltori mal pagati e consumatori mal nutriti”, propone
Carlo Triarico, presidente dell’Associazione biodinamica.
Autore: Antonio Cianciullo
Fonte: Reppubblica.it Sapori
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