Per
la prima volta dopo 5 anni il prezzo della terra nel 2017 torna a crescere
rispetto all'anno precedente, mettendo a segno +0,2%. Il valore medio nazionale
è di 20mila euro ad ettaro, con una forte la differenziazione delle
compravendite a seconda delle zone. Se nel Nord Est il prezzo è stabile sopra i
40mila euro/ha, nel Mezzogiorno si va dagli 8 ai 13mila euro/ha. E' quanto
emerge dall'indagine annuale sul mercato fondiario curata dal Crea con il suo
Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia, che segnala una crescita leggermente
superiore dei valori fondiari nel Mezzogiorno (+0,7% nelle Isole) rispetto al
Nord, ma ancora troppo debole per ridurre il differenziale.
Il
confronto con il tasso di inflazione, segnala il rapporto, rende però meno
positivo l'andamento che evidenzia un ulteriore calo dell'1%. Segnali positivi
vengono dalle compravendite aumentate del 2%, che vanno a consolidare la
crescita già riscontrata nei due anni precedenti, come anche dal credito con
+2% per il quarto anno consecutivo, che riporta il volume delle erogazioni
sopra ai 500 milioni di euro all'anno. In aumento anche le superfici agricole
affittate, compresi gli usi gratuiti, per un totale di 5,7 milioni di ettari,
il 46% della Superficie agricola utilizzata (Sau).
Si
conferma quindi il trend positivo da oltre 20 anni con un incremento netto di
oltre 860mila ettari (+18%) rispetto al 2010; e questo soprattutto nelle
regioni meridionali e in quelle del nord-est (+21%), seguite da quelle centrali
(+18%) e da quelle del nord-ovest (+9%). L'affitto rimane più diffuso
sopratutto nell'Italia settentrionale, seguono le zone centrali (45%) e il
Mezzogiorno (37-44%). L'affitto, segnala il rapporto, si conferma il principale
strumento per gli imprenditori per ampliare la propria azienda con maggiore
flessibilità senza gli impegni finanziari che comporta l'acquisto. A volare,
secondo il rapporto, è la domanda di acquisto per i terreni più fertili, con
infrastrutture irrigue e vicinanza a reti stradali e legati a particolari
produzioni agricole, a partire dai vigneti, il cui interesse non accenna a
diminuire.
Di
fatto i terreni migliori non hanno mai smesso di suscitare l'interesse di
potenziali compratori, portando i valori a livelli non sempre compatibili con
l'effettiva redditività delle imprese agricole. Il rapporto segnala poi gli
sforzi delle istituzioni ad aumentare la mobilità fondiaria attraverso
agevolazioni per l'acquisto della terra da parte degli imprenditori, con
particolare riguardo ai giovani. Dopo il decreto Terre vive del 2014, che ha
messo a disposizione terreni demaniali, in larga misura ubicati in zone
marginali, ora è stata avviata la Banca della terra nazionale curata dall'Ismea
che ha messo in vendita all'asta 7.700 ettari.
A
spingere il mercato degli affitti, spiega ancora il Crea, sono la scarsa
liquidità e le incertezze dei redditi aziendali, che nell'insieme
disincentivano gli investimenti in capitale fondiario a favore degli affitti.
Una strada percorsa per lo più dai giovani imprenditori, usufruendo anche dei premi
di primo insediamento offerti dai Programmi di Sviluppo Rurale (Psr).
Rispetto
al passato si attenua l'interesse per i terreni da destinare a colture
energetiche, mentre i contoterzisti rimangono attori importanti. Dal punto di
vista contrattuale, infine, prevalgono fortemente gli affitti in deroga con una
durata media inferiore rispetto al passato, mentre sono ormai in estinzione gli
accordi verbali, sebbene in qualche caso resistano forme spurie di contratti
atipici.
Nessun commento:
Posta un commento