L'Agricoltura 4.0 - l’utilizzo di diverse tecnologie per
migliorare resa e sostenibilità delle coltivazioni, qualità produttiva e di
trasformazione, nonché condizioni di lavoro – ha un mercato in Italia di circa
100 milioni di euro, il 2,5% di quello globale: nonostante i benefici in
termini di riduzione dei costi, di qualità e resa del raccolto, la diffusione
di queste soluzioni è ancora limitata e oggi meno dell’1% della superficie
coltivata complessiva è gestito con questi sistemi. Molte PMI italiane si
stanno attivando nella trasformazione digitale dell'agroalimentare, ma una
forte spinta innovativa proviene dalle nuove imprese, con 481 startup
internazionali Smart AgriFood nate dal 2011 ad oggi, di cui 60, ben il 12%,
italiane.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio
Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del
Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia. “L’innovazione
digitale nell’agroalimentare si manifesta dalla produzione in campo alla
distribuzione alimentare, passando per la trasformazione e può garantire
competitività ad uno dei settori chiave per l’economia italiana, che
contribuisce per oltre l’11% del PIL e per il 9% sull’export – afferma Filippo
Renga, Condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood -. Lo Smart AgriFood da un
lato può ridurre i costi di realizzazione di prodotti di alta qualità,
dall’altro far crescere i ricavi grazie ad una maggiore riconoscibilità o
garanzia, ad esempio con sistemi di anticontraffazione o di riduzione dei
prodotti non conformi esportati. Ma l’innovazione digitale consente anche di
intervenire a supporto dell’intera filiera, garantendo sostenibilità a tutti
gli attori del settore, inclusa la produzione in campo”.
“Perché le tecnologie digitali dispieghino completamente il
proprio potenziale però occorre che si realizzino alcune condizioni – avverte
Andrea Bacchetti, Condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood -.
Innanzitutto, è necessaria l’estensione della banda larga ed extra-larga anche
alle zone rurali per garantire l’interconnessione della filiera. Poi, servono
sensibilità, competenza e propensione all’investimento da parte delle imprese,
un fatto non scontato, considerando le esigue dimensioni medie. Infine, è
imprescindibile la competenza degli operatori sia dell’offerta sia della
domanda”.
Agricoltura 4.0 – Le tecnologie dell'agricoltura di
precisione (che sfrutta Internet of Things e Big Data Analytics) e quelle
dell'agricoltura interconnessa (il cosiddetto Internet of Farming)
costituiscono l’Agricoltura 4.0 che, attraverso l’analisi incrociata di fattori
ambientali, climatici e colturali, consente di stabilire il fabbisogno irriguo
e nutritivo delle coltivazioni, prevenire patologie, identificare infestanti
primache proliferino, compiere interventi mirati, risparmiare di tempo e
risorse, incidere sulla qualità dei prodotti, oltre a migliorare la resa delle
coltivazioni e le condizioni di lavoro.
L’Osservatorio Smart AgriFood ha censito 220 soluzioni
offerte in Italia da più di 70 aziende, di cui soltanto l’11% abilita
l’Internet of Farming, mentre l’89% supporta verticalmente l’agricoltura di
precisione. Circa l’80% delle soluzioni offerte è applicabile in fase di
coltivazione e solo il 12% in quella di pianificazione. La grande maggioranza
delle soluzioni, il 73%, sfrutta dati e analytics, il 41% l’Internet of Things
e il 57% sistemi software di elaborazione e interfaccia utente. La maggior
parte delle soluzioni (50%) è utilizzabile a prescindere dal settore agricolo,
mentre il 27% è specificamente rivolto all’ortofrutticolo, il 25% al
cerealicolo, il 16% al vitivinicolo. In termini di attività, il 48% delle
soluzioni abilita mappatura e monitoraggio di terreni e coltivazioni, il 42%
monitoraggio e controllo del movimento e delle attività di macchine e
attrezzature in campo e il 35% irrigazione e fertilizzazione mirata.
“I soli trattori in Italia generano oltre 1 milione di
Gigabyte in un anno, a cui si aggiungono i dati ambientali, di magazzino, degli
allevamenti e quelli più generali di carattere aziendale, ma oggi queste
informazioni sono scarsamente valorizzate – afferma Filippo Renga -: sono
fondamentali la raccolta dei dati, la loro integrazione e valorizzazione
all’interno delle aziende agricole e delle filiere. È necessario cioè che le
aziende adottino una logica di piattaforma integrata, per far confluire al
proprio interno i dati, elaborarli e armonizzarli per supportare decisioni e
azioni tempestive”.
L’adozione dell’agricoltura 4.0 in Italia incontra diversi
ostacoli. Innanzitutto una barriera culturale nei confronti dell’innovazione e
una limitata consapevolezza dei benefici, ma anche una certa immaturità da parte
degli attori dell’offerta, che solo oggi si stanno strutturando per offrire
soluzioni effettivamente in linea con i fabbisogni delle aziende, abituate a
intrattenere relazioni con pochissime e consolidate aziende (es. concessionario
di fiducia, agronomo amico di famiglia). C'è poi la ridotta dimensione media
delle aziende agricole, con la difficoltà a investire e apprezzare i benefici
delle tecnologie di precisione. “Per questa ragione emerge con forza la
necessità di lavorare sulla formazione ma prima ancora sulla sensibilizzazione
delle aziende agricole - dice Andrea Bacchetti - che devono poter apprezzare
appieno i benefici potenziali della rivoluzione 4.0, toccando con mano i
benefici concreti ottenuti da chi ce l’ha già fatta”.
Più qualità – L’innovazione digitale consente oggi alle
aziende agroalimentari italiane di migliorare la qualità su tutte le dimensioni
dell’Eptagono della Qualità Alimentare, ed in particolare nella valorizzazione
dell'origine dei prodotti, sul processo produttivo garantito e nella sicurezza
alimentare. L’analisi condotta dall’Osservatorio su 57 case study evidenzia
infatti che le tecnologie oggi consentono alle aziende agroalimentari di
migliorare e innovare la qualità in diversi modi. Il 51% delle aziende ha
utilizzato le tecnologie digitali per valorizzare la qualità di origine, in
particolare nel caso dei prodotti ad alto valore aggiunto (ad es. vino, cacao,
caffè); il 46% si è servito del digitale per migliorare la sicurezza
alimentare; il 25% si è concentrata sui metodi di produzione, soprattutto per
quanto riguarda gli aspetti legati all’impatto ambientale, al benessere degli
animali e alle tradizioni agroalimentari dei diversi territori; nel 12% dei
casi, infine, le aziende hanno impiegato la tecnologia per migliorare la
qualità del servizio, adottando soluzioni innovative per comunicare ai
consumatori informazioni di prodotto (consigli nutrizionali) e di processo
(origine, tracciabilità e impatto ambientale).
Migliore tracciabilità - Il digitale interviene in maniera sostanziale
nella tracciabilità alimentare, riducendo i costi, aumentando i ricavi e
rendendo più efficienti i processi: il 36% delle aziende agroalimentari
analizzate dall'Osservatorio grazie a soluzioni digitali ha riscontrato una
riduzione dei tempi e dei costi legati ai processi di raccolta, gestione e
trasmissione dei dati. Benefici a cui si aggiungono i vantaggi della
disponibilità di dati e informazioni e la possibilità di trasferire valore
lungo la filiera. Gli strumenti più utilizzati per migliorare la tracciabilità
sono i barcode (39%), gli RFId (Radio-Frequency Identification, 32%) sistemi
gestionali (32%), i Big Data (30%), la tecnologie mobile (21%), mentre
tecnologie innovative come l’IoT e la blockchain sono ancora poco esplorate. I
settori più interessati dall’innovazione tecnologica per la tracciabilità sono
quello ortofrutticolo (30%), la filiera delle carni (23%), i prodotti
lattiero-caseari (14%) e caffè - cacao (12%), ma sta interessando in maniera
trasversale tutte le filiere.
Le startup – Sono 481 le startup internazionali Smart
AgriFood individuate dall’Osservatorio nate dal 2011 ad oggi, di cui il 12%
italiane. Escludendo quelle che si occupano di eCommerce, sono 182 le startup
internazionali che operano nella filiera e hanno raccolto finanziamenti per 637
milioni di dollari. Fra queste, ben l’11% è italiano, a dimostrazione che il
nostro Paese - a differenza di altri settori - non ha affatto un ruolo
marginale, anche se il finanziamento medio ricevuto (0,7 milioni di dollari, 14
milioni complessivi) è circa sei volte inferiore alla media mondiale. Invece,
sono 218 le startup internazionali dedicate all’eCommerce, finanziate con 2,7
miliardi di dollari complessivi. L’area con la maggior presenza di startup è
costituita dagli Stati Uniti (52% delle 182 startup internazionali), che
dimostrano di essere anche quella con la maggior propensione all’investimento
nelle nuove imprese (82% dei finanziamenti totali). Una buona parte delle
startup offre soluzioni tecnologiche trasversali a più settori sia nella
produzione in campo (42%) sia nella trasformazione dei prodotti alimentari
(16%). Tra i settori verticali, il più rilevante è l’ortofrutticolo, con il 17%
delle startup internazionali e il 28% dei finanziamenti complessivi. La stessa
tendenza di riscontra nel panorama italiano, dove i settori specifici
riscuotono minore interesse nonostante la loro importanza per l’economia del
Paese: anche in Italia il settore più importante è l’ortofrutticolo (14% delle
startup italiane), seguito dal vitivinicolo (9%) e dal cerealicolo (7%).
L’agricoltura di precisione e la qualità alimentare sono gli ambiti applicativi
più esplorati dalle startup AgriFood (rispettivamente dal 45% e dal 25% delle
nuove imprese internazionali) e più interessanti per gli investitori (37% e 34%
dei finanziamenti complessivi). In Italia, invece, la qualità e sostenibilità
ambientale è l’ambito in cui le startup sono più attive, con il 50% dei
finanziamenti raccolti, seguito da agricoltura di precisione (35%) e qualità alimentare
(29%).
Fonte: Rai
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