La prima e più vasta analisi dei dati relativi a 21 anni di
coltivazioni nel mondo del mais, condotta da Scuola Superiore Sant'Anna e
Università di Pisa (pubblicata da Scientific Reports), è giunta alla
conclusione che il mais Ogm non è rischioso per la salute umana.
“Come valutare una notizia del genere? Senz’altro con
orgoglio, aspettativa e voglia di competizione”, ha commentato il presidente di
Confagricoltura Massimiliano Giansanti.
“Orgoglio, per i nostri ricercatori, che nonostante tutto
sono tra i migliori al mondo, ma del tutto bloccati, nella sperimentazione, nel
nostro Paese – ha spiegato Giansanti -. Abbiamo sempre sostenuto che, sugli
Ogm, serve un approccio laico e aperto e comunque la scienza deve essere
lasciata libera di studiare e sperimentare. L’assenza di ricerca diminuisce la
capacità di innovazione delle imprese e ne deprime i risultati produttivi ed
economici”.
“Aspettativa perché lo scorso anno la superficie italiana
coltivata a mais ha toccato un nuovo minimo storico – ha proseguito -. La
produzione maidicola nazionale è scesa al di sotto dei 6 milioni di tonnellate,
il volume più basso degli ultimi venticinque anni. Di contro, le importazioni
di mais stanno crescendo a doppia cifra percentuale e supereranno quest’anno in
valore i 900 milioni di Euro. Un bel peso per la bilancia commerciale italiana.
E questo anche grazie agli Ogm altrove utilizzati da più di due decenni e da
noi bloccati del tutto”.
“Competizione perché finora ci siamo trovati a misurarci sul
mercato mondiale senza gli stessi strumenti della concorrenza, in condizioni
già di per sé penalizzanti. Vent’anni di divieti hanno portato a perdite
consistenti nelle rese e nel reddito degli agricoltori italiani; si calcolano
più di 125 milioni di euro all’anno di mancato guadagno”.
“Non saremo mai per ‘No’ ideologici, ma sempre per ‘Sì’ al
dibattito, al confronto, su sviluppo e ricerca e – ha concluso il presidente di
Confagricoltura - ci battiamo per un’agricoltura che veda riconosciuto il suo
ruolo trainante nella nostra economia e che solo con l’innovazione potrà essere
competitiva a livello globale. Per questo stiamo promuovendo la rete di ‘Amici
degli agricoltori italiani’ che, con le loro competenze, facendo squadra, ci
aiutino a creare sviluppo reale”.
Mais ogm, nessuna evidenza di rischi per salute e ambiente
Non c’è nessuna evidenza di rischio per la salute umana,
animale o ambientale dal mais transgenico, ossia geneticamente modificato con
geni di altre specie. Lo indica il primo studio che ha raccolto dati relativi a
21 anni di coltivazioni in tutto il mondo.
Pubblicata sulla rivista Scientific Reports e coordinato
dall’Italia, con l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore
Sant’Anna e dell’Università di Pisa, lo studio è il primo ad analizzare le
ricerche condotte in pieno campo tra il 1996, anno di inizio della coltivazione
del mais transgenico, e il 2016. I dati provengono da Stati Uniti, Europa, Sud
America, Asia, Africa, Australia.
"Questa analisi fornisce una sintesi efficace su un
problema specifico molto discusso pubblicamente", ha rilevato la
coordinatrice della ricerca, Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni
Erbacee all'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna.
Con lei hanno lavorato Elisa Pellegrino, Stefano Bedini e Marco Nuti.
Tutti gli autori rilevano che "lo studio ha riguardato
esclusivamente l'elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non
l'interpretazione 'politica' dei medesimi" e ritengono che i dati appena
pubblicati permettono di "trarre conclusioni univoche, aiutando ad
aumentare la fiducia del pubblico nei confronti del cibo prodotto con piante
geneticamente modificate".
Dall'analisi di 11.699 dati contenuti in articoli di riviste
scientifiche accreditate, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una
resa superiore dal 5,6% al 24,5%, aiutano a ridurre gli insetti dannosi per i
raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli
alimenti, come micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%).
LE COLTURE OGM NEL MONDO
Quelle ogm sono state le colture che nel mondo sono state
adottate più rapidamente, dal milione e mezzo di ettari del 1996 ai 185,1
milioni di ettari nel 2016, pari al 12% delle coltivazioni; di queste oltre la
metà (54%) si trova nei Paesi in via di sviluppo.
Il mais considerato nello studio è una delle quattro
principali colture, accanto a soia, mais, cotone e canola, e sono state
modificate in modo da resistere a erbicidi (95.9 milioni di ettari, pari al
53%), insetti (25.2 milioni di ettari, pari al 14%) e per avere entrambe le
funzioni (58.5 milioni di ettari, 33%).
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