Confagricoltura e le associazioni rappresentative del mondo
venatorio - Associazione nazionale libera caccia, Arcicaccia, Comitato
nazionale caccia e natura, Federcaccia, Enalcaccia ed Ente produttori
selvaggina – oggi hanno sottoscritto a Roma un ‘protocollo d’intesa’ per
avviare iniziative comuni in materia di gestione agricola e faunistica. Si
punta a una ‘wildlife economy 2.0’ che crei un indotto reale e realizzabile,
con filiere certificate sul territorio, atte a sostenere anche le imprese
agricole presenti nelle zone più disagiate.
Occorre – osserva Confagricoltura - superare la contrapposizione
agricoltori/cacciatori che spesso ha caratterizzato i rapporti, anche nel
recente passato, per avviare una rinnovata collaborazione con la consapevolezza
che il territorio non solo è lo strumento produttivo dalle imprese agricole, ma
anche la culla della caccia. Le associazioni venatorie si sono dette
consapevoli della necessità
d’intraprendere un’attiva gestione del territorio - habitat della fauna
selvatica - che porti a preservare gli spazi aperti, a contrastare l’abbandono
delle terre ed a far diventare risorsa agricola la gestione venatoria.
Il cacciatore deve essere non solo fruitore ma anche attore della salvaguardia del territorio,
rispettando le vocazioni e specificità colturali, gli orientamenti scientifici,
l’ambiente. Dal suo canto, l’agricoltore può trarre beneficio dalla corretta
gestione delle specie che risultano in sovrannumero per la mancanza di una
seria governance.
Confagricoltura ricorda che, a livello nazionale, il valore
economico-occupazionale che ruota attorno alle attività di gestione faunistica
e alla salvaguardia degli habitat, produce un effetto economico di oltre 7
miliardi di euro; è un valore che rappresenta lo 0,44 % del PIL nazionale a cui
va aggiunto quello delle eccellenze artigianali del ‘Made in Italy’ ritenute da
tutti un riferimento mondiale. Un fattore di primaria importanza da tutelare e
da tenere in massimo conto nelle politiche di sviluppo del Paese.
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