«Cosa c’è dietro un agrume? Senza dubbio un paesaggio, un
patrimonio ambientale e culturale importante, in grado di essere apprezzato dai
cittadini e dai turisti, capace di innescare una spirale positiva, di benessere
fisico ed economico. Ma ci sono anche il
lavoro e la passione degli agricoltori. E’ importantissimo promuovere
interventi di recupero, manutenzione e salvaguardia degli agrumeti
caratteristici per tutelare l’ambiente, difendere il territorio ed il suolo e
conservare i paesaggi tradizionali, ma è altrettanto importante salvaguardare
le nostre produzioni con una politica economica adeguata». Lo ha sottolineato
Gerardo Diana, presidente della federazione nazionale agrumicola di
Confagricoltura alla tavola rotonda "Agrumi d'Italia. Mercati e
paesaggi" organizzata dal Fai a Milano.
Il settore agrumicolo - osserva Confagricoltura – è una
produzione d’eccellenza per l’elevato profilo qualitativo dei suoi prodotti in
termini organolettici e nutrizionali. Sessantaduemila aziende producono 2,8
milioni di tonnellate (di cui 1,6 di arance che rappresentano il 57% del
paniere agrumicolo) con un valore che sfiora il miliardo di euro. E l’80% del
prodotto viene da Calabria e Sicilia.
«Numeri importanti per questo settore – ha spiegato Gerardo
Diana - caratterizzato da diversi punti di forza: produzione concentrata in
areale ristretto, vocazione produttiva territoriale, forte legame tra
territorio e produzioni tipiche (Dop, Igp); elevato profilo qualitativo del
prodotto sia in termini organolettici che nutrizionali, elevata professionalità
degli imprenditori agricoli, salubrità del prodotto».
Il comparto - rimarca Confagricoltura - deve fare i conti
con diversi problemi: la difficoltà ad esportare sui mercati esteri, i pochi
limiti che impone l’Europa alle merci in ingresso, creando il rischio di
importare fitopatie. Occorre anche un’adeguata politica economica per
promuovere la competitività delle nostre imprese.
«Il settore – ha concluso Diana nel suo intervento – è
sottoposto ad una forte concorrenza da Paesi con condizioni di produzione
spesso molto vantaggiose, costi notevolmente più bassi dei nostri e norme
ambientali, di sicurezza e di qualità meno rigorose. I problemi per le nostre
imprese si potranno risolvere solo in un’ottica di sistema, attraverso scelte
nazionali ed europee che rispettino il principio di precauzione e quello di
reciprocità».
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