
La chimica verde è, quindi, oggi, un settore a cui
l’agricoltura guarda con grande attenzione e dalla quale si attendono soluzioni
innovative ad elevato indice di sostenibilità rispetto ai problemi inerenti le
colture. Tuttavia, proprio perché si tratta di prodotti di origine naturale,
questi richiedono un approccio del tutto diverso da parte dell’agricoltore che
non potrà più contare su una singola sostanza per ottenere una buona crescita
della coltura ma dovrà mette in atto, con l’aiuto della consulenza agronomica,
un approccio integrato e multidisciplinare per ottenere il raccolto atteso.
La ricerca nel settore dei biostimolanti, come spesso accade
in agricoltura, è andata avanti più rapidamente del legislatore per cui, oggi,
si dovrà rimettere mano al d.lgs. 75/2010 anche sulla base del nuovo
regolamento comunitario sui fertilizzanti ormai quasi giunto al termine della
sua approvazione, al fine di disciplinare con maggiore compiutezza tale
tipologia di prodotti.
Attualmente, il d.lgs. 75/2010 prevede che le proprietà
biostimolanti siano dichiarabili solo per i prodotti elencati in allegato al
provvedimento che sono solo una decina (idrolizzato proteico di erba medica,
epitelio animale idrolizzato solido o liquido, estratto solido di erba medica
alghe Ascophyllum nodosum e melasso, estratto acido di alghe della Famiglia
«Fucales» , inoculo di funghi micorrizici, idrolizzato enzimatico di Fabaceae,
filtrato di crema d’alghe, soluzione di filtrato di crema d’alghe, estratto
umico di leonardite, Estratto fluido azotato a base di alga Macrocystis
Integrifolia) in quanto la poca chiarezza della legislazione in materia non sta
incentivando le società produttrici a registrare nuovi prodotti.
Per i biostimolanti, la normativa vigente prevede che sia
obbligatorio descrivere in etichetta dosi di impiego e modalità d’uso.
L’attività biostimolante non deve derivare dall’addizione di sostanze ad azione
fitormonale al prodotto. Salvo l’approvazione da parte del Gruppo di lavoro per
la protezione delle piante – Sezione fertilizzanti, istituito presso il
Mipaaft, non è consentito dichiarare proprietà biostimolanti alle miscele dei
prodotti autorizzati con altri fertilizzanti.
Cosa sono i biostimolanti?
Ci sono esempi tangibili dei benefici arrecati alle colture
da alcuni dei biostimolanti attualmente in commercio. Il prodotto ammesso in
agricoltura biologica a base di estratti algali da Ascophyllum nodosum, alga
oceanica raccolta sulle coste irlandesi e ricca di una molteplicità di fattori
nutrizionali ad alto grado di purezza, ha dato, ad esempio, ottimi risultati
sulla vite consentendo l’ottenimento di acini più turgidi e densi a comporre
grappoli ad elevato contenuto zuccherino, di antociani e polifenoli, come ha
evidenziato una recente ricerca sull’impiego di tale prodotto, effettuata dal
Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di
Perugia.
E’ importante chiarire che in ogni caso i biostimolanti non
si sostituiscono in alcun modo all’attività di fitofarmaci e fertilizzanti di
sintesi chimica e/o naturali, ma svolgono un’azione complementare agli stessi,
per cui è anche possibile che aumentando lo stato di benessere della coltura,
si richieda un minor ricorso agli altri due mezzi di produzione con ovvi
benefici non solo per la salute dell’operatore e l’ambiente, ma anche in
termini di risparmio economico per l’agricoltore.
Un settore privo di norme adeguate
Tuttavia, a fronte dell’interesse crescente di agricoltori e
società produttrici, il settore dei biostimolanti è al momento privo di norme
tecniche adeguate che pongano requisiti precisi e di un relativo sistema di
certificazione in quanto anche il nuovo Regolamento comunitario sui
fertilizzanti, si limita a stabilire delle norme quadro che richiedono un
intervento normativo ulteriore da parte delle Amministrazioni nazionali
competenti, in primis, il Ministero delle Politiche Agricole, a garanzia degli
operatori della filiera altrimenti il rischio è che si consolidi quel che già
sta avvenendo e, cioè, una sorte di “giungla” nella quale l’agricoltore ha
difficoltà a distinguere prodotti la cui efficacia è garantita, da altri, che
paventano proprietà, di fatto, inesistenti o peggio ancora che contengono
sostanze non autorizzate. Francia e Spagna, ad esempio, si sono già attivate
per adottare una puntuale normativa di settore.
Si richiede, pertanto, la realizzazione di dossier
autorizzativi l’immissione in commercio di biostimolanti comprendenti un
adeguato numero di prove realizzate da centri di saggio ufficialmente
riconosciuti e con la necessaria terzietà attestanti l’efficacia di ogni claim
pubblicitario che comparirà in etichetta. Un sistema che porti ad una adeguata
verifica delle soluzioni che vengono proposte sul mercato. Tra l’altro, questi
formulati riscuotono grande interesse soprattutto nel settore ortofrutticolo
che rappresenta una filiera portante della nostra agricoltura. Senza garanzie
adeguatamente verificate della corrispondenza fra quanto dichiarato in
etichetta e la realtà dei fatti, si rischia di perdere, anche a fronte del
nuovo Regolamento Ue, gran parte delle potenzialità di uno strumento che,
adeguatamente indirizzato, può assicurare sempre maggiore sostenibilità alle
colture.
La sfida futura, quindi, è quella di consentire alle aziende
che intendono investire nel settore dei biostimolanti di procedere in tal senso
producendo la documentazione che attesti l’efficacia agronomica del prodotto,
riporti la sua caratterizzazione fisico chimica, alleghi i necessari metodi
analitici per la caratterizzazione chimico fisica sia del test per la misura
dell’attività biostimolante. Il settore analitico è uno degli elementi più
importanti dell’iter registrativo di tali prodotti. Nessun nuovo biostimolante,
infatti, dovrebbe essere inserito in allegato al nuovo provvedimento che
sostituirà il decreto legislativo 75/2010 e quindi, commercializzato, se non
sarà corredato di metodi d’analisi che dovranno rispondere agli standard minimi
di ripetibilità e riproducibilità al fine della loro ufficializzazione. Ma
ancora non basta. È importante che subentri parallelamente la normativa
secondaria di riferimento. Al momento, il Cen (Comitato Europeo per la
Standardizzazione) ha costituito dei gruppi di lavoro per procedere alla
standardizzazione delle norme tecniche relative alla produzione di
biostimolanti.
A fronte di quanto evidenziato è importante, quindi, che il
Mipaaft – cogliendo l’occasione dell’approvazione del nuovo regolamento sui
fertilizzanti – proceda, al più presto, ad insediare un gruppo di lavoro
specifico per i biostimolanti come è stato fatto, a suo a tempo, anche per i
corroboranti in modo da dare una risposta precisa alle attese della filiera
agroalimentare, anche validando un sistema di certificazione che dia garanzie
adeguate agli utilizzatori finali.
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