
Dalla lettura dell’Osservatorio EBAN-Nomisma emerge un
bacino occupazionale rilevante se paragonato a quello di altri settori
economici. Nonostante un’incidenza del valore aggiunto agricolo sul totale
economia del 2% è bene evidenziare come facciano riferimento all’agricoltura
ben il 13% del totale degli operai italiani e il 6% del totale delle giornate
lavorate dalla manodopera in Italia. Non è un caso infatti come in questo
settore prevalga il ricorso agli operai, i quali rappresentano ben il 97% del
totale dei dipendenti rispetto al 56% del totale delle attività economiche.
Siamo di fronte a una percentuale ben al di sopra rispetto
al dato afferente altri settori con elevata richiesta di manodopera, come ad
esempio il turismo e le costruzioni (rispettivamente 86% e 79%).
Altra specificità del settore agricolo che emerge dal
Rapporto 2018 curato da EBAN-Nomisma è la forte presenza di manodopera
stagionale: gli operai a tempo determinato rappresentano infatti il 90% del
totale della manodopera impiegata in agricoltura contro il 32% del totale delle
attività economiche. Considerando le giornate lavorate un operaio a tempo
indeterminato (OTI) è impiegato per 264 giornate all’anno, in linea con la
media del totale economia pari a 269 giornate, mentre uno a tempo determinato
(OTD) viene invece occupato per 87 giornate all’anno, dato ben al di sotto
della media considerando i 135 giorni del totale di tutte attività economiche.
Dopo un lungo periodo a crescita zero, nel corso 2012-2017
il settore agricolo ha registrato un incremento del 4% degli operai e del 6%
delle giornate lavorate. Questa tendenza si conferma anche nell’annualità
2016-2017 e nelle previsioni EBAN per il 2018. Fra gli altri settori economici
performance migliori sono state registrate solo dal turismo.
Analizzando più a fondo le dinamiche del settore agricolo
emergono alcune specifiche tendenze; la crescita si presenta infatti non
omogenea sul territorio nazionale: mentre al Nord e al Centro gli operai
impiegati in agricoltura fanno segnare nel periodo 2012-2017 incrementi
rispettivamente del 13% e del 6% al Sud calano dell’1%. Le giornate lavorate
crescono dell’11% al Centro-Nord, mentre al Sud appena del 2%. Secondo Ersilia
Di Tullio, responsabile dell’Osservatorio per Nomisma, “se questa tendenza si
andrà a confermare nel lungo periodo, non possiamo escludere che si possa
ridisegnare l’attuale struttura dell’impiego di manodopera nel paese”. E
ancora: “Il Sud oggi rappresenta il principale bacino di impiego della
manodopera agricola con il 57% degli operai agricoli italiani, dei quali il 95%
stagionali. Ma in questa parte del paese non si registra crescita; viceversa il
Centro-Nord, che impiega il 72% della manodopera agricola a tempo indeterminato
nazionale, è caratterizzato da un vivace dinamismo. Sono dati che impongono una
riflessione”, conclude Di Tullio.
Pur a fronte di una crescita dell’impiego di manodopera e un
incremento del numero medio di giornate lavorate sia per operai a tempo
determinato sia per operai a tempo indeterminato, un dato che emerge con
evidenza è l’indebolimento della componente a tempo indeterminato a favore di
quella stagionale. Nel corso del 2012-2017 il numero di operai a tempo
indeterminato è calato dell’8%, mentre quello degli operai a tempo determinato
è cresciuto del 6%; un andamento simile si è riscontrato anche per le giornate
lavorate (rispettivamente -5% e +11%).
Il presidente dell’EBAN Roberto Caponi sottolinea come “i
dati dell’Osservatorio EBAN dimostrano che l’occupazione dipendente del settore
agricolo rappresenta una quota importante del mercato del lavoro (oltre 1
milione di lavoratori) e merita massima considerazione all’interno del contesto
economico e sociale del nostro Paese e pari dignità rispetto al mercato del
lavoro degli altri settori produttivi. L’agricoltura è un settore vitale,
innovativo, eclettico e con grandi potenzialità di crescita che rappresenta una
concreta opportunità occupazionale. Preoccupa la contrazione del lavoro a tempo
indeterminato probabilmente conseguente a politiche del lavoro che non hanno
sufficientemente incentivato la stabilizzazione dei rapporti nel settore
agricolo”.
Un altro fenomeno degno di attenzione che emerge
dall’Osservatorio EBAN-Nomisma edizione 2018 è la presenza di manodopera
straniera. Nel 2017 il 26% degli operai agricoli è risultato essere di
provenienza estera; fra questi ultimi il 49% è risultato essere comunitario
(75% rumeni) e il 51% extra-comunitario (42% africani). Negli ultimi anni la
presenza di lavoratori stranieri nei campi italiani si è costantemente
accresciuta portandosi dalle 203.000 unità del 2008 alle 290.000 del 2016
(+43%). Nel 2017 rispetto al 2016 però vi è stata un’inversione di tendenza con
un calo del 5% del numero di lavoratori stranieri impiegati in agricoltura, i
quali sono scesi a 275.000 unità. Il processo di sostituzione della manodopera
italiana con quella di provenienza straniera mostra quindi una battuta di
arresto e torna a crescere nei campi la presenza di operai italiani.
Fonte: Osservatorio EBAN del lavoro agricolo è promosso
dell’Ente Bilaterale Agricolo Nazionale (EBAN), costituito dalle Organizzazioni
nazionali dei datori di lavoro agricolo (Confagricoltura, Coldiretti e Cia) e
dalle Organizzazioni nazionali dei lavoratori agricoli (Flai-Cgil, Fai-Cisl e
Uila-Uil) firmatarie del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per gli
operai agricoli e florovivaisti. Studi ed analisi dell’Osservatorio sono curati
da Nomisma.
Nessun commento:
Posta un commento