
Il genoma studiato contiene 66.000 geni e la sua analisi ha
consentito di identificare decine di migliaia di marcatori molecolari che
potranno essere utilizzati per la selezione di varietà migliorate. Un lavoro
fondamentale, che costituirà un riferimento per tutta la futura attività di
miglioramento genetico e per l’identificazione e la tutela delle diverse
tipologie di frumento attraverso tecniche di tracciabilità molecolare.
Il frumento duro, la materia prima della pasta, icona del
‘Made in Italy’ alimentare, è stato selezionato dall’uomo a partire dal farro
alcune migliaia di anni fa in Mesopotamia, ma si è diffuso in Italia alla fine
del dell’impero romano ed oggi viene coltivato in tutti i continenti. Nel
bacino del Mediterraneo è la principale fonte di reddito per molti piccoli
agricoltori nelle aree marginali dell’Africa settentrionale e del Medio
Oriente, ma deve fare i conti con i preoccupanti cambiamenti climatici in atto
e con una forte pressione demografica in grado di provocare tensioni sociali e
flussi migratori. Solo una efficace azione di miglioramento genetico potrà consentire
di selezionare varietà più produttive ed ecosostenibili in grado di garantire
un reddito adeguato in regioni così a rischio.
Nel corso del lavoro, le conoscenze sul genoma sono state
utilizzate per comprendere il processo evolutivo che ha portato dal farro
selvatico (il progenitore del farro coltivato) al moderno frumento duro e per
isolare un nuovo gene capace di limitare l’accumulo di cadmio nei semi, un
chiaro esempio di come lo studio dei genomi consente la scoperta di fattori che
aumentano ulteriormente la salubrità e la qualità del frumento duro e della
pasta.
Lo studio è firmato da oltre 60 autori di 7 diversi paesi
coordinati da Luigi Cattivelli del CREA insieme ad un team internazionale
costituito da Curtis Pozniak dell’Università di Saskatchewan (Canada), Aldo
Ceriotti e Luciano Milanesi del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR),
Roberto Tuberosa dell’Università di Bologna e Klaus Mayer dell’HelmholtzZentrum
München (Germania). Inoltre, tra le altre istituzioni partecipanti vi è un ulteriore
contributo italiano rappresentato dall’Università di Bari.
“Il rilascio della sequenza del genoma apre prospettive
totalmente nuove per la filiera del frumento duro”, afferma Luigi Cattivelli,
direttore del CREA Genomica e Bioinformatica, “consente di identificare geni di
grande rilevanza pratica come quelli responsabili della resistenza alle
malattie o dell’adattamento alle nuove condizioni climatiche e fornisce il
background necessario per una tracciabilità molecolare avanzata di tutte le
tipologie di frumento duro e farro”.
“Con la sequenza del genoma abbiamo il panorama completo dei
geni che codificano per le proteine del glutine in una importante varietà di
frumento duro. Queste informazioni saranno utili per comprendere i fattori che
determinano la qualità tecnologica e nutrizionale delle semole”, sottolinea
Aldo Ceriotti.
“La disponibilità della sequenza genomica facilita
l’identificazione dei geni che regolano la risposta adattativa della pianta
alla siccità e la capacità di assorbire acqua e fertilizzanti”, precisa Roberto
Tuberosa, “consentendo quindi l’utilizzazione della selezione assistita con
marcatori per costituire in tempi brevi nuove cultivar più resilienti alle
avversità climatiche e più ecocompatibili”.
Il lavoro ha beneficiato di diversi finanziamenti, tra cui
un importante contributo del progetto Bandiera MIUR InterOmics, coordinato da
Luciano Milanesi. Tutti i risultati delle annotazioni del genoma sono
consultabili presso il sito http://www.interomics.eu/durum-wheat-genome e nella
banca dati scientifica GrainGenes. Il lavoro pubblicato in “Nature Genetics”
dal titolo "Durum wheat genome highlights past domestication signatures
and future improvement targets” è disponibile a questo link:
http://dx.doi.org/10.1038/s41588-019-0381-3
Comunicato stampa CNR, 9/4/2019
Nessun commento:
Posta un commento