n questi giorni si è parlato
dell'impegno della Commissione europea a presentare, nella seconda metà del
2017, una proposta legislativa per contrastare le pratiche commerciali sleali
nella filiera agroalimentare. Chiediamo all'avvocato Gualtiero Roveda, referente
di Fruitimprese, chiarimenti in merito.
FreshPlaza (FP): Il Commissario
europeo all'agricoltura Phil Hogan pare si stia dando molto da fare per
sostenere il settore agricolo.
Gualtiero Roveda (GR): In un
recente incontro con i presidenti delle associazioni degli agricoltori e delle
cooperative agricole di tutta Europa, Hogan ha evidenziato che è necessario
"fornire agli agricoltori gli strumenti adatti per gestire
responsabilmente i mercati agricoli con un bilancio adeguato". Il Commissario
ha anche preso atto che gli agricoltori - da lui definiti "custodi delle
campagne"- svolgono un ruolo essenziale per l'economia europea.
FP: Quali sarebbero le direttrici
dell'impegno europeo?
GR: La politica europea, secondo
Hogan, deve supportare gli agricoltori perché siano competitivi e sostenibili a
livello ambientale, sociale ed economico. A tal fine è necessario individuare
strumenti che stabilizzino il loro reddito e diano loro l'opportunità di
investire in tecnologia.
FP: Il Commissario ha dichiarato
che la Commissione intende affrontare il problema della distribuzione del
valore nella filiera.
GR: E' vero. Hogan ha dichiarato
che sta collaborando con le altre direzioni della Commissione per sostenere la
posizione degli agricoltori, in quanto "non stanno guadagnando come
dovrebbero".
FP: La Commissione si è finalmente
resa conto che le pratiche commerciali sleali sono un grave problema nella
filiera alimentare?
GR: Negli ultimi anni la filiera
alimentare europea è stata soggetta a cambiamenti strutturali significativi,
che hanno comportato elevati livelli di concentrazione. E' inoltre prassi
diffusa relazionarsi con il contraente debole con pratiche sleali quali ritardi
nei pagamenti; modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali; risoluzione
ingiustificata del contratto; riscossione di pagamenti per servizi fittizi;
imposizione di promozioni, pagamenti per l'esposizione della merce in vista e
altri pagamenti aggiuntivi. Le pratiche commerciali sleali sono messe in atto
laddove vi sono disuguaglianze nelle relazioni commerciali. La disparità di
potere contrattuale determina squilibrio e ciò è dovuto alla crescente
concentrazione del potere di mercato tra un numero ridotto di gruppi
multinazionali.
FP: E sono gli agricoltori i primi
a rimetterci?
GR: E' di immediata evidenza che
chi detiene prodotto deperibile versi in una situazione di svantaggio. Secondo
la Commissione, non solo gli agricoltori sono anelli deboli della filiera, ma
anche le PMI (piccole e medie imprese). Non si deve dimenticare che le PMI
costituiscono oltre il 90% del tessuto economico europeo e sono esposte alle
pratiche commerciali sleali, al punto che per loro diventa più difficile
sopravvivere sul mercato, intraprendere nuovi investimenti in prodotti e
tecnologie oppure innovare.
FP: Chi sono i soggetti
danneggiati dalle pratiche sleali?
GR: Le pratiche commerciali sleali
hanno conseguenze negative per agricoltori e PMI, con conseguenti ripercussioni
sull'intera economia dell'Unione europea, nonché sui consumatori finali
limitandone la scelta dei prodotti e l'accesso a soluzioni innovative.
Riporto testualmente un passaggio
riportato da Internazionale, il settimanale diretto da Giovanni De Mauro:
"Si dirà allora: qual è il danno che riceve il grande pubblico? In fin dei
conti, parliamo di relazioni commerciali tra distributori e fornitori, soggette
alle dinamiche del libero commercio e della concorrenza. Ma a questo punto è
utile fare un passo indietro e tornare alla domanda iniziale: chi paga davvero
le famose promozioni e il sottocosto?"
Secondo uno studio condotto dalla
società di consulenza londinese Europe Economics, la compartecipazione delle
imprese produttive alle iniziative promozionali presso i distributori ammonta,
a livello europeo, a qualcosa come 30 o 40 miliardi di euro. Si tratta di una
cifra colossale, pari a più della metà dei sussidi che la Commissione europea
garantisce agli agricoltori comunitari attraverso la Politica agricola comune
(Pac).
In un certo senso, il denaro
pubblico alla fine non è utilizzato per innovare o migliorare la qualità, bensì
per tenere in piedi un sistema economico iniquo, in cui il più grande mangia il
più piccolo.
Come conclude lo stesso studio,
"le pratiche sleali nel commercio limitano la possibilità per i fornitori
di reinvestire nelle loro imprese e creano un grado di incertezza (alcuni
analisti la definiscono 'paura') che scoraggia impegni a lungo termine. Nel
corso del tempo, ciò ridurrà le possibilità di sopravvivenza di fornitori
competenti e risulterà in una mancanza di innovazione e di miglioramento della
qualità. Alla fine dei conti, queste pratiche danneggiano il consumatore".
Data di pubblicazione: 06/03/2017
Autore: Cristiano Riciputi
Copyright: www.freshplaza.it
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