E' la doppia sfida lanciata oggi al Congresso internazionale
di agricoltura biodinamica di Napoli. La ricerca avrà un ruolo chiave nello
sviluppo delle nuove tecniche bio.
Se tutta l'Europa seguisse il modello italiano, arrivando a
coltivare in maniera biologica e specialmente biodinamica almeno il 10% dei
suoli agricoli, le emissioni di gas serra dal settore agricolo potrebbero
diminuire di quasi il 7%. E se si rispettasse il trend di crescita attuale,
passando in pochi anni a coltivare ecologicamente il 20% del terreno agricolo
della Ue, il contributo all'abbattimento globale di CO2 nel pianeta potrebbe
arrivare a 92 milioni di tonnellate, ben oltre le emissioni dell'Austria (76
milioni di tonnellate) e poco meno di quelle della Grecia (101 milioni di
tonnellate).
Oggi la superficie europea coltivata ecologicamente arriva a
poco più del 6% di quella totale: questa volta si tratta di fare come l'Italia,
che pianta e semina a biologico e biodinamico quasi a ritmo doppio rispetto
agli altri paesi Ue, arrivando a coprire l'11,7% dei suoi campi. E l'obiettivo
del 20% di agricoltura bio nella Ue può abbassare sostanzialmente la febbre del
Pianeta. E' questa la sfida lanciata dal 34° Congresso internazionale
dell'Associazione dell'agricoltura biodinamica "Per la rinascita del Sud:
le nuove frontiere dell'agroecologia" in corso a Napoli e a Capua da oggi,
10 novembre 2016 e fino a domenica, organizzato con il patrocinio
dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, del FAI-Fondo Ambiente
Italiano, dell'Ordine Nazionale degli Agronomi e di Demeter.
"L'agricoltura ecologica è uno dei più potenti
strumenti per sanare gli squilibri ecologici ed è allo stesso tempo una via per
produrre innovazione, tenuta sociale e anche bellezza", ha affermato
nell’intervento di oggi Carlo Triarico, presidente dell'Associazione per l'agricoltura
biodinamica.
"E' un nodo cruciale della modernità, perché è una
prospettiva concreta e sostenibile per il Sud del Paese per favorire salute,
occupazione e turismo. La biodinamica è un pezzo importante di questo processo,
grazie alle piccole e grandi aziende che hanno intrapreso un nuovo modello
agricolo capace di aprire nuovi orizzonti anche sul piano della gestione del
territorio, Inoltre, proprio alla conclusione del convegno si lancerà una
grande iniziativa di cura del paesaggio originario italiano, attraverso il
rafforzamento della collaborazione con il Fondo Ambiente Italiano" ha infine annunciato Triarico.
E mentre a Marrakech è in corso la 22ma Conferenza dell'Onu
sul clima, la prima dopo l'accordo di Parigi, in cui si dovranno indicare le
azioni e le politiche per contenere l'aumento della temperatura entro 1,5-2
gradi rispetto all'epoca preindustriale, dal mondo della bioagricoltura -
biologico e biodinamica - arriva una proposta concreta.
“Molti studi ci dicono che la bioagricoltura produce il 40%
in meno di gas serra rispetto a quella convenzionale, grazie a un minor uso di
chimica e di energia e a un maggior ricorso al lavoro umano nel vero e proprio
processo di coltivazione. Contemporaneamente, i suoli bio, specialmente quelli
biodinamici la cui maggiore capacità di fertilità è riconosciuta, fissano nel
suolo una quantità di carbonio compreso tra 0,3 e 0,6 tonnellate l'ettaro ogni
anno" è scritto in una nota diffusa alla stampa dagli organizzatori del
convegno.
Ma per fare in modo che l’agricoltura biodinamica possa
progredire c’è bisogno di sempre maggiori evidenze scientifiche su metodiche e
risultati. “Stiamo lavorando alla formazione degli agronomi in agricoltura
biologica – ha detto il direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università
degli Studi Federico II di Napoli, Matteo Lorito – grazie ad un corso di laurea
dedicato nel quale troverà spazio anche la formazione alla biodinamica”.
Ma Lorito ha anche ricordato: “Servono soldi per affermare
la formazione in agricoltura biodinamica, perché mancano in tal senso bandi di
ricerca e quindi risorse”.
Per il direttore del Dipartimento di Agraria di Napoli i
filoni da declinare in chiave biodinamica sono importanti e vanno dalle
ricerche sul microbioma del suolo, che consente di individuare ed ottimizzare
le strategie di ripristino della flora batterica della terra, fondamentale per
il fissaggio al suolo dell’azoto atmosferico, agli studi sui biofitofarmaci,
fondamentali per la difesa.
“Questo perché sono convinto che la sfida lanciata dalla Fao
al settore agricolo mondiale – ha sottolineato Lorito – incrementare la
produzione del 60% nei prossimi 40 anni, non potrà essere perseguita né
mediante il ricorso all’innovazione varietale, che impiega molto tempo per dare
risultati, né all’incremento dell’utilizzo della chimica, per gli evidenti
limiti ambientali che essa presenta”.
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