Fino al Dopoguerra, l'allevamento domestico di animali di
bassa corte rappresentava la principale fonte di proteine animali per la
sussistenza delle famiglie contadine e suburbane, e gli eventuali surplus di
uova o polli contribuivano ad integrare il reddito.
Oggi le motivazioni alla base di attività agricole e
zootecniche biologiche in piccola scala sono più variegate e complesse.
Una delle principali è la riduzione del potere d'acquisto di
tante famiglie con la crisi economica e l'aumento delle tasse, con la
conseguente inversione della tendenza migratoria iniziata nel Dopoguerra, cioè
il ritorno della popolazione dalle città alle campagne.
Altre ragioni sembrano essere l'aumento della domanda di
prodotti "bio a km 0" come protesta contro il sistema di produzione
insostenibile e discutibilmente etico delle multinazionali e la grande
distribuzione organizzata. E, infine, per soddisfare il piacere di mangiare
prodotti freschi e sani.
Dalle origini medievali ai giorni nostri
Ai tempi dei grandi principati e delle corti, si era soliti
fare una classificazione netta degli animali. Il termine bassa corte era usato
per indicare tutti gli animali fonte di proteine per l'alimentazione umana, in
contrapposizione agli animali considerati "nobili", come cavalli, e
animali da compagnia, quali cani e gatti.
Nei giorni nostri, gli "animali di bassa corte"
sono quelli di piccola taglia, allevati a scopo alimentare come: polli,
galline, anatre, oche, tacchini, piccioni, conigli, faraone, fagiani, quaglie,
ecc..
Nell'era postindustriale, la sostenibilità dei processi
produttivi è diventata uno degli argomenti cruciali della società moderna.
Si intende per sostenibilità il giusto equilibrio fra lo
sviluppo economico, la conservazione dell'ambiente e le risorse naturali e la giustizia
sociale (articolo 3, comma 3 del Trattato dell'Unione europea, detto Trattato
di Maastricht).
L'allevamento in piccola scala degli animali di bassa corte,
abbinato ad un orto biologico, presenta diverse caratteristiche che lo rendono
compatibile con la menzionata definizione di sostenibilità, come ad esempio:
Le sue impronte idriche e di gas serra sono tendenzialmente
inferiori a quelle di un allevamento industriale.
Gli animali allevati sono poco esigenti in materia
d'alimentazione, caratteristica che li rende particolarmente interessanti in
un'ottica di economia circolare.
In altri termini, l'allevamento di piccole quantità di
animali di bassa corte, abbinato alla produzione biologica di ortaggi, al
riciclaggio degli scarti dell'orto ed eventuali avanzi da cucina e allo
sfruttamento del potere ammendante delle deiezioni animali per l'orto,
costituisce un circolo che non altera i bilanci di carbonio e azoto.
L'esaltazione della qualità dei prodotti in contrapposizione
alla quantità. Ciò consente il recupero e mantenimento delle razze
tradizionali, altrimenti condannate a sparire perché spiazzate dalle razze
"industriali", in genere più produttive ma geneticamente più "povere".
La scelta di allevare le razze tradizionali, perché di carni
più saporite, o perché naturalmente adatte alle condizioni bioclimatiche di un
determinato luogo, o anche per considerazioni puramente estetiche o
folkloristiche, è comunque positiva, perché contribuisce al mantenimento della
biodiversità agricola.
Basso impatto ambientale della coltivazione di un orto
combinato all'allevamento di alcuni capi di animali di bassa corte. Gli
investimenti contenuti e la poca superficie da occupare rendono accessibile
tale attività ad una larga fetta della popolazione, contribuendo ad aumentare
la sua resilienza nel suo complesso.
Agevolazione per la microeconomia su scala locale in termini
di minori costi di trasporto delle derrate, minori sprechi e in definitiva, una
ripartizione più equa della ricchezza.
Il caso di studio
Nell'immaginario collettivo, un pollaio è una specie di
gabbia squallida, spesso anche fatiscente e maleodorante, costruita alla buona
con materiali di recupero. Insomma ci immaginiamo un obbrobrio che nessun
codominio ammetterebbe nel giardino comunitario.
L'autore ringrazia il dottor Maurizio Arduin, zoonomo
responsabile di Biozootec, sito ufficiale del Centro studi Règia Stazione
sperimentale di pollicoltura, per l'autorizzazione a ripubblicare le foto e
descrizioni del pollaio da giardino oggetto del suo articolo nel menzionato
sito.
La sua esperienza costituisce una buona pratica poiché
dimostra che la pollicoltura è perfettamente integrabile in un ambito urbano,
basta realizzare le cose con buon criterio.
Il pollaio in questione è installato nel giardino di un
piccolo condominio. E' stato progettato per ospitare otto o dieci galline per
la produzione di uova da consumo.
L'alimentazione degli animali viene garantita con miscele
commerciali, integrate con gli scarti di verdure derivanti dall'orto
condominiale.
La pollina prodotta dalle galline viene compostata, per poi
essere utilizzata nella concimazione dell'orto condominiale.
Il design del pollaio è gradevole, atto alla sua integrazione
in un contesto residenziale, ma nel contempo garantisce l'igiene ed il benessere
degli animali .
Lo spazio destinato al pollaio vero e proprio è di circa due
metri quadrati. La presenza di due nidi disposti a modo di permette la raccolta
di uova pulite dall'esterno, senza dover entrare nel recinto degli animali.
Il pollaio è provvisto anche di posatoi per il riposo con
sottostante area per la raccolta delle deiezioni.
Le galline possono utilizzare un piccolo pascolo di sei
metri quadrati, protetto da predatori, con possibilità di essere poi liberate
anche all'esterno del recinto.
Il piccolo recinto è protetto anche dalle intemperie,
garantendo però il "bagno di sole", utile al benessere degli animali.
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