Le raccoglievano da terra ad una ad una, appoggiandosi con
un ginocchio sul paniere (cesto di giunco con manico arcuato) e tenendo la
schiena piegata per molte ore al giorno.
Si diceva (e si
dice) che portava sfortuna. Certo, quella di restare senz’olio dopo tutta la
fatica per produrlo.
Collaboravano con
loro gli uomini per svuotare i panieri pieni nei sacchi che loro stessi
trasportavano sui carri e per far cadere dagli alberi le olive mature con dei
lunghi bastoni o con le mani.
Le olive, ripulite
dalle foglie, venivano lavorate nei frantoi per essere trasformate in olio.
Quanta fatica per un filo d’olio sulle frise, sulle verdure, nella “gialletta”!
La preziosità
dell’olio è dimostrata dalla disperazione causata dalla rottura di un qualunque
recipiente che lo conteneva.
Le olive più belle
venivano “addolcite” dalle donne per diventare buone “accompagnatrici” a tavola
o “intruse” gustose nelle “pucce”
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