Costretti a spostarsi continuamente per raggiungere i campi
da coltivare, i loro giorni di lavoro non bastano ad assicurare il minimo
vitale. Sono giorni contati, pochi in confronto alla lunghezza dei giorni
dell’anno. I braccianti pugliesi «lavorano in media 190 giorni all’anno, ma la
famiglia bisogna sfamarla per 365 giorni all’anno!». Un lavoro soggetto
all’alea della concorrenza, alla lotta tra poveri: ogni mattina vanno in piazza
a cercare l’ingaggio. Una sfida quotidiana. I padroni la fanno da padrone:
scelgono gli elementi più adatti alle loro esigenze. Una vita insopportabile,
che suscita innati sentimenti di aggregazione, di lotta. Lo speaker parla di
organizzazioni di base: «Già sono sorte le comunità dei braccianti, un primo
spiraglio». E, in fondo, le loro sono rivendicazioni minime: «Vogliono non
garanzia di lavoro, ma speranza! Spesso vale quanto il pane!».
Il filmato si chiude con la visione di una donna seduta
sulla porta di casa. Accudisce, tenendolo sulle sue sode ginocchia, il suo
bambino di pochi anni, speranza dell’avvenire. Contadini in bicicletta
attraversano le vie del paese, con un significativo passaggio davanti alla sede
della Comunità dei Braccianti. Una speranza che in quegli anni si identificò
nella mitica figura del sindacalista Giuseppe Di Vittorio. La sua leadership
animò fortemente le campagne pugliesi negli anni Cinquanta, dando speranza di
riscatto ai braccianti.
Già nel 1951 si respira un clima diverso. Siamo alla vigilia
della Riforma fondiaria del 1953. La settimana Incom 00623, il 20/07/1951,
presenta un filmato di un minuto e 23 secondi. L’aspetto inedito di vita
contadina si intuisce già nell’accattivante titolo di colore: Domenica al mare
coi braccianti pugliesi. Le immagini ci visualizzano carretti trainati da asini
che vanno verso il mare, due uomini che tagliano delle funi per costruire tende
sui carri e riparare i bambini e le donne dal sole cocente. «Ai caldi infuocati
dell’estate – spiega lo speaker con voce stentorea – anche i braccianti hanno
diritto a qualche svago, e soprattutto al refrigerio. E allora cosa fanno?
Quando viene la domenica, attaccano il traino e tutti a bordo! I braccianti di
Barletta e delle Puglie se ne vanno al mare, bagnanti per un giorno: non
occorrono stabilimenti: dei carri fanno capanno, c’è pure il bar sulla spiaggia
fornito di un ricco repertorio!». Ecco un gelataio preparare dei coni e
consegnarli ad un uomo che tiene in braccio una bambina. Lo speaker fa qualche
battuta ironica sulle «camicie refrigeranti con circolazione d’aria indossate
dai bagnanti, una moda che un giorno sarà copiata a Capri, al parcheggio per i
rotabili, alle elegantissime che per l’occasione si vestono a festa», mentre le
immagini inquadrano bellezze contadine intente a fare il bagno con indosso
castigatissimi vestiti, ed i contadini accampati sulla spiaggia che si
difendono dal sole con larghi cappelli di paglia.
Ma per un giorno, finalmente, anche i braccianti pugliesi
sono giunti «al miraggio azzurro che brillava in mezzo ai campi. Vogliono
condividere il refrigerio e la gioia con gli animali che hanno lavorato tutta
la settimana con loro. Anche gli zoccoli dei muli attraversano il lido
sassoso».
Cosa pensano gli abituali frequentatori della spiaggia di
questi anomali bagnanti domenicali? Un dejà vu. Li chiamano «gli zingari del
mare». Perché arrivano soltanto la domenica e si portano tutto da casa, persino
l’acqua per cucinare. Mentre un cane nuota e i bambini giocano nell’acqua, le
donne preparano un succulento pranzo, su un fuoco impovvisato sull’arenile. E
lo speaker del cinegiornale Luce chiude, con fare nostalgico: «Al sentore
salino si mescola l’inconfondibile sapore dei cibi arrivati al punto di
cottura. Ma che buona vecchia sapienza casalinga nel sapore negli odori di
questa zuppa!».
Tutta la famiglia mangia con gusto, alla relativa frescura
di tende improvvisate.
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