
I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose, sono
costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i
mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio
l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce
di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così,
prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo
di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai
commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e
commercializzazione, secondo la Direzione Nazionale Antimafia. Mettendo le mani
sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il
proprio controllo sul territorio.
Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata
disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli
organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore
facilità rispetto all’imprenditoria legale.
Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di
reato tradizionali: usura e racket estorsivo, ma anche a furti di attrezzature
e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle
colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti
dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche
e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando
della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si
appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano,
distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando
l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la
sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto.
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