L'ortofrutta è sottopagata agli agricoltori su valori che
non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi moltiplicano fino al
300% dal campo alla tavola anche per effetto del controllo monopolistico dei
mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali. L’operazione della
Dia sulle infiltrazioni della criminalità sul patto tra casalesi e clan Riina
nel settore agroalimentare dove si stima che il volume d'affari complessivo
annuale delle agromafie sia salito 16 miliardi di euro secondo, in netta
controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità
organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito
dalla crisi.
I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose, sono
costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i
mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio
l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce
di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così,
prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo
di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai
commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e
commercializzazione, secondo la Direzione Nazionale Antimafia. Mettendo le mani
sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il
proprio controllo sul territorio.
Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata
disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli
organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore
facilità rispetto all’imprenditoria legale.
Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di
reato tradizionali: usura e racket estorsivo, ma anche a furti di attrezzature
e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle
colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti
dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche
e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando
della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si
appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano,
distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando
l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la
sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto.
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