La Canapa è una pianta antica e molto misteriosa, ma ciò che
sappiamo con certezza è che viene
coltivata da millenni.
Numerosi ritrovamenti nelle zone dell’Asia e del Medio
Oriente ci indicano come i primi luoghi
dove, in epoche antiche, la canapa veniva coltivata e poi soprattutto
utilizzata.
La produzione commerciale di canapa in occidente è decollata
nel XVIII secolo grazie all’espansione coloniale e navale dell’epoca.
Questo fatto ha scatenato una conseguente crescita di
benessere e per questo motivo si necessitava di grandi quantità di canapa
prevalentemente per tessuti, corde e stoppa.
Le fibre della canapa, sono state importanti grezzi per la
produzione di tessili e corde, e vengono tuttora largamente utilizzate dagli
idraulici come guarnizione.
La coltivazione agricola di questa pianta era molto comune
nelle zone mediterranee e del centro Europa.
Questo perché cresceva su terreni difficili da coltivare con
altre piante industriali (terreni sabbiosi e zone paludose nelle pianure dei
fiumi), e in più perché era la più polivalente ed a buon mercato.
In epoche più recenti, in Italia e più precisamente a
Carmagnola, in Piemonte, e a Ferrara c’erano i due centri più importanti di
coltivazione e lavorazione.
Tuttavia con l’avvento dell’industria chimica e del
proibizionismo le estensioni andarono contraendosi fino a scomparire quasi del
tutto.
Oggi c’è qualcuno che guarda la canapa con un occhio diverso
ed è quindi giusto illustrarne le principali caratteristiche per fare maggiore
chiarezza.
AMBIENTE IDEALE
La canapa è una pianta cosiddetta rustica, che cresce bene
in terreni fertili, sciolti e drenati, ma che si adatta anche alle aree
marginali.
E’ importante evitare un suolo poco drenato, in quanto un
eccesso di acqua in superficie potrebbe danneggiare seriamente il raccolto, di
fatto la canapa è estremamente sensibile alle inondazioni e alla compattezza
del suolo.
Per quanta riguarda il clima possiamo affermare che tutto il
bacino del Mediterraneo ha condizioni di temperatura ottimali per la crescita
della canapa, questo a dimostrazione che questa pianta ha avuto grande sviluppo
nelle zone del Mediterraneo.
PERIODO DI COLTIVAZIONE
La semina per produrre paglia si colloca in marzo se
prendiamo in considerazione le zone del Sud ed aprile se invece parliamo delle
aree del Nord.
La distanza tra le file è di 15/20 centimetri e una densità
di 50 chili per ettaro, come nei cereali.
Il seme della canapa deve essere interrato a massimo due
centimetri e il terreno deve essere umido, ma come già specificato deve essere
privo di ristagni di acqua.
Per quanto riguarda la mietitura avviene tra luglio e
agosto, successivamente i fusti vengono lasciati in campo ad essiccare per poi
essere raccolti in rotoballe e inviati agli impianti di prima lavorazione.
È importante sottolineare che le piante non hanno bisogno di
diserbo e non necessitano di irrigazione, né di fertilizzanti.
COSTI
È arrivato il momento di parlare della cosa più delicata e
in un certo senso la più concreta, i costi.
È importante specificate il doppio scenario che si apre con
la coltivazione della canapa, di fatto viene infatti coltivata per due ragioni:
produrre fibra oppure semi oleosi.
Sta poi all’agricoltore decidere se investire sull’una o
sull’altra.
In un certo senso, come avviene per altre colture tipo il
bambù o il noce.
Un chilo di semente per coltivare fibra viene venduto intorno a 6 euro da Assocanapa,
quindi si avrà una spesa intorno ai 300 euro all’ettaro.
Per quello che riguarda invece la produzione di seme, la
densità di semina in questo caso è più bassa, sui 35 chili per ettaro.
RICAVI
La resa come in tutte le piantagioni, varia molto da
varietà, condizione meteorologica ed esperienza dell’agricoltore.
Il ricavo oscilla tra gli 80 e i 130 quintali per ettaro di
prodotto secco, che viene comprato da Assocanapa, a circa 15 euro a quintale.
In una produzione intorno ai 110 quintali (nella media) il
ricavo è di 1.650 euro, a cui vanno sottratti sementi e costi di lavorazione,
ma a cui vanno sommati i contributi Pac (variabili tra 100 e 450 euro ad
ettaro).
Assocanapa acquista i semi prodotti ad 1,50 euro al chilo,
salendo a 1,80 euro per i semi biologici e considerando che ogni ettaro può
produrre dai 7 ai 10 quintali, il ricavo quindi per l’agricoltore è di
quasi mille euro, con produzione di 8
quintali, compreso il costo della semente.
Che si punti al seme o alla fibra parliamo di numeri di
tutto rispetto, che fanno della canapa una coltura interessante, anche dal
punto di vista ambientale.
C’è da chiedersi allora il motivo per cui in Italia non
vediamo grandi estensioni.
Non c’è un unico motivo, ma in realtà sono tre i motivi
scatenanti che sommati tra di loro creano poca stabilità a questa pianta:
meccanica, trasformazione e mercato.
La mancanza di macchinari agricoli ad hoc è uno dei
principali problemi, di fatto quando si deve raccogliere il seme le cose si
complicano.
C’è poi il grande problema della trasformazione.
Se in altri Paesi, come in Francia in ogni zona di
coltivazione c’è un impianto di prima lavorazione per processare gli steli di
canapa ed estrarre la cosiddetta ‘lana’, in Italia sono molto limitati se non
quasi inesistenti.
Ovviamente se poi il mercato è bloccato, anche la produzione
di conseguenza.
Il consumo di semi ad uso alimentare è piuttosto sviluppato
in Nord Europa ma le industrie, ad oggi, si approvvigionano per la maggior
parte dall’estero, Cina in primis.
Anche l’industria della fibra non è così sviluppata da poter
generare una domanda che giustifichi una crescita importante delle estensioni
di canapa.
Quando parliamo di canapa c’è anche il problema
dell’accettazione sociale.
Sono ancora molti, come abbiamo visto gli ostacoli da
superare, ma si spera che in un futuro non molto lontano la canapa possa tornare
come protagonista tra gli scenari agricoli italiani.
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