Lo scorso 4 luglio lo Standing committee on plants, animals,
food and feed, sezione Pesticides/Legislation, ha approvato i criteri per
identificare tra le sostanze ad attività fitosanitaria quelle in grado di
interferire col sistema ormonale dell’uomo e degli organismi non bersaglio.
Celebrati dalle autorità come raggiungimento di un obiettivo
storico a livello mondiale ma temuti dall’industria in quanto potrebbero
causare la proibizione di molti agrofarmaci e biocidi (i criteri sono comuni)
ritenuti invece sicuri, la metodologia segue da vicino quanto messo a punto
dall'Organizzazione mondiale della sanità e si prefigge il difficile obiettivo
di proteggere uomo e ambiente da questa minaccia misteriosa senza però “gettare
il bambino con l’acqua sporca”.
Ma, ancora una volta: cosa sono i perturbatori endocrini,
anche conosciuti come endocrine disruptors? Secondo la definizione dell'Oms “Un
perturbatore endocrino è una sostanza esogena o una miscela che altera le
funzioni del sistema endocrino (ormonale) e di conseguenza causa effetti
indesiderati sulla salute di un organismo vivente, la sua progenie e la
popolazione o suoi sottogruppi”.
Tra i danni che questi agenti subdoli possono causare
possiamo annoverare patologie riproduttive (infertilità, abortività,
endometriosi), disturbi comportamentali nell’infanzia e forse anche diabete e
alcuni tipi di cancro (mammella, testicolo). Gli interferenti endocrini
agiscono sostanzialmente attraverso tre meccanismi:
simulando l’azione di alcuni ormoni endogeni come gli
estrogeni (ormoni femminili), gli androgeni (ormoni maschili) e gli ormoni
tiroidei, provocando una sovrastimolazione delle cellule recettrici. Da qui i
problemi riproduttivi, di sviluppo e di metabolismo
legandosi ai recettori ormonali inibendo l’azione degli
ormoni endogeni, ad esempio agendo da antiestrogeni (inibendo quindi gli
estrogeni) o da antiandrogeni. Alcuni farmaci hanno questo meccanismo d’azione
e sono usati per prevenire o curare patologie anche importanti (es. tumore
della mammella, iperplasia prostatica)
alterando il meccanismo di sintesi degli ormoni endogeni o
il loro metabolismo
Un’ulteriore complicazione risiede nel fatto che
quest’azione viene espletata a bassissime concentrazioni e può essere
influenzata dalla coesistenza di diverse sostanze che possono interagire tra
loro.
Non solo prodotti fitosanitari (anzi: quasi mai!)
Essendo agrofarmaci e biocidi (i prossimi per i quali
verranno pubblicati i criteri) i prodotti chimici più regolamentati e studiati
in assoluto, ci si aspetterebbe di trovarne molti ai primi posti delle
classifiche dei sospetti perturbatori endocrini: invece questo poco invidiabile
primato appartiene a molecole che ci accompagnano nelle faccende domestiche
quali ftalati (usati come additivi nelle plastiche), idrocarburi policiclici
aromatici (che subiamo passivamente con l’inquinamento atmosferico e il fumo di
sigaretta), alcuni ritardanti di fiamma (polibromodifenileteri, PFOS e PFOA,
usati nella fabbricazione di mobili), il Bisfenolo-A (utilizzato nei materiali
a contatto coi cibi, attualmente in corso di rivalutazione da parte dell’Efsa
ma appena inserito dall’Echa nella “lista nera” delle sostanze altamente
preoccupanti proprio per le sue proprietà di interferente endocrino).
Nel “decalogo per il cittadino” del ministero dell’Ambiente,
da cui abbiamo tratto la lista, vengono citati genericamente anche i prodotti
fitosanitari, ma più per il retaggio di prodotti ormai banditi quasi ovunque
come il ddt e coformulanti (ad esempio epicloridrina) noti piuttosto per la
loro classificazione come cancerogeni. Vanno menzionate anche le diossine,
anch’esse famose per la loro cancerogenicità (sono il composto di riferimento
per quantificare la potenza dei cancerogeni) e anche i fitoestrogeni naturali
(genisteina e daidzeina), contenuti nei derivati della soia.
Una linea guida preparata congiuntamente da Echa ed Efsa
Dopo la decisione dei cosiddetti “risk managers” (le
autorità che decidono il livello di protezione tossicologica e ambientale che i
“risk assessors” devono far rispettare), un comitato di esperti dell’Echa
(Agenzia per le sostanze chimiche) e dell’Efsa (Autorità europea per la
sicurezza alimentare) dovranno preparare una linea guida dettagliata che dovrà
essere seguita dai titolari dei dossier di biocidi e agrofarmaci per dimostrare
che il loro prodotto non ha le infauste caratteristiche di perturbatore
endocrino.
E i prodotti che risultassero perturbatori endocrini?
I prodotti che risultassero "endocrine disruptors”
potrebbero rimanere sul mercato solo per quegli utilizzi con esposizione
trascurabile (“negligible”) per l’uomo e gli organismi non bersaglio.
Probabilmente vedremo i nuovi criteri al lavoro non prima di metà del 2018, in
una delle prossime approvazioni o rinnovi Ue.
Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o
semplicemente curiosi
Comunicato stampa commissione Ue
Comunicato Stampa Echa sul Bisfenolo A
Fonte: Agronotizie
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