Chi sono oggi gli agricoltori e chi sono i
contadini? Quali le somiglianze e le differenze? Persone, status sociale
specifico o condizione di vita e di lavoro? Tra storia e attualità, modifiche
lessicali e codice civile, trasformazioni e resilienze, le risposte che sono
un’analisi appassionata e dettagliata di Alfonso Pascale su Olioofficina
Magazine. Nella rassegna di Pascale: gli agricoltori oggi; gli agricoltori per
l’autoconsumo; le proprietà collettive; gli agricoltori, ieri; i circuiti
locali del mercato della terra; gli agricoltori contadini; gli antichi abitanti
del contado; i contadini come lavoratori della terra; i sistemi territoriali; i
sistemi locali della cascina; i sistemi locali della pluriattività; i sistemi
locali della mezzadria e della colonia; l’esplosione della proprietà contadina;
le trasformazioni delle campagne; urbano e rurale si sovrappongono; laicità e
ruralitudine. Qui il link all'articolo su olioofficina.it
Gli agricoltori, oggi
Oggi gli agricoltori sono coloro che svolgono una o più fra
le tante attività agricole. Queste possono manifestarsi come cerealicoltura,
orticoltura, floricoltura, frutticoltura, viticoltura, olivicoltura,
silvicoltura, vivaismo ornamentale e orticolo e quant’altro abbia a che fare
con la coltivazione di specie vegetali. Sono attività agricole anche le varie
forme di allevamento degli animali. E poi rientrano sempre nell’alveo delle
attività agricole la trasformazione di prodotti agricoli in azienda, la vendita
diretta di prodotti aziendali, la fornitura di servizi sociali, socio-sanitari,
educativi, ricreativi, ambientali e di ospitalità turistica mediante l’utilizzo
di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura. Coloro che praticano tali
attività possono identificarsi come cerealicoltori, orticoltori, frutticoltori,
viticoltori, olivicoltori, allevatori, silvicoltori, florovivaisti, manutentori
del territorio, custodi della biodiversità, operatori agrituristici o di
agricoltura sociale, ma restano comunque agricoltori e con tale termine sono di
fatto identificati.
Il codice civile identifica l’agricoltore con l’imprenditore
agricolo, cioè con chi esercita professionalmente un’attività agricola
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.
Un’attività agricola che, dunque, ha come fine ultimo il mercato.
Gli agricoltori, ieri
Al termine unificante di “agricoltore” si è pervenuti
mediante l’incrocio di processi storici molteplici che si sono sviluppati negli
ultimi due secoli e mezzo.
A partire dai primi anni dell’Ottocento, nei territori
italiani del Centro-Nord annessi alla Francia rivoluzionaria, nelle Repubbliche
cisalpine e poi nel Regno d’Italia, le élite napoleoniche intravidero nei
proprietari terrieri uno strumento di stabilizzazione sociale e politica e una
base di consenso. Formare un notabilato terriero fu, dunque, un disegno
politico consapevolmente realizzato mediante l’abolizione della feudalità e,
nello stesso tempo, la vendita dell’asse ecclesiastico e dei beni demaniali.
Non solo gruppi nobiliari ma anche borghesi (mercanti, notai, medici, avvocati)
costituirono proprietà di medio-grandi dimensioni.
Nel Mezzogiorno, un processo analogo si era già avviato
nella seconda metà del Settecento con l’alienazione dei beni dei gesuiti, la
vendita dei beni della chiesa calabrese, la censuazione del patrimonio
ecclesiastico siciliano. E proseguì nei primi decenni dell’Ottocento con le
leggi eversive della feudalità, emanate da Giuseppe Bonaparte e attuate da
Gioacchino Murat. Feudatari, amministratori di feudi, gabellotti,
professionisti diventarono così proprietari terrieri.
Il tutto segnò finalmente la sconfitta dell’Ancien regime,
ma avvenne in un quadro di forti conflitti, colpevoli sottovalutazioni e odiosi
pregiudizi. Non si tenne conto, ad esempio, del ruolo propulsivo che nei secoli
precedenti avevano svolto i monti di pietà, le confraternite, le chiese
ricettizie, le misericordie, gli enti associativi per la gestione dei beni
demaniali di proprietà diretta delle popolazioni locali. Furbizie e
incomprensioni fecero sì che ai vecchi feudatari si sostituisse una borghesia
terriera decisa a sottoporre quanta più terra possibile al nuovo regime di
proprietà privata. Essa si impadronì delle amministrazioni comunali, usurpò e
cancellò gli antichi diritti delle popolazioni sulle terre demaniali, comprò le
terre della chiesa, esercitò su larga scala l’usura ai danni dei contadini
poveri e impose contratti agrari ben più duri di quelli precedenti.
Gli agricoltori contadini
Quelli che oggi vengono indicati come “contadini” sono, in
realtà, agricoltori che reinventano in forme moderne stili di vita, modi di
produrre e scambiare beni, modi di organizzare servizi e attività di cura per
le persone, le comunità e l’ambiente, rielaborando elementi della cultura
rurale. Questi agricoltori non costituiscono una categoria sociale specifica e
a se stante perché la particolare figura sociale del contadino è del tutto
scomparsa con il compimento del processo di modernizzazione dell’agricoltura e
delle campagne.
Attualmente il termine “contadino” è un aggettivo che
qualifica una condizione esistenziale o delle pratiche specifiche. Ad esempio,
il parco agroalimentare più grande del mondo, allestito recentemente a Bologna
da Andrea Segrè e Oscar Farinetti, si chiama Fico, Fabbrica italiana contadina.
Nel sito internet del parco c’è scritto: “Un luogo di produzione di valori,
prima che di prodotti. Italiana, dal seme all’espressione compiuta. E
contadina, intesa come pratica, pienamente connessa alla terra”. Più che di
“contadino”, che rimanda ad uno status sociale ormai scomparso, bisognerebbe
più appropriatamente parlare di ruralitudine a cui ricondurre ogni elemento
materiale e immateriale delle campagne, meritevole di essere ricostruito,
rielaborato e reinventato.
Bisogna, dunque, precisare che gli agricoltori contadini di
oggi non hanno nulla a che vedere coi contadini che vivono nelle aree del mondo
meno avanzate o in via di sviluppo. I quali, viceversa, rassomigliano molto ai
contadini vissuti qui, da noi, fino alla modernizzazione dell’agricoltura.
I contadini come lavoratori della terra
I contadini, intesi non più come abitanti del contado, ma
piuttosto come lavoratori della terra, cominciarono ad essere presi in
considerazione quando i Comuni e le monarchie iniziarono la lotta contro il
feudalesimo e sentirono il bisogno di appoggiarsi ad un elemento, che era
tutt’altro che legato alla classe baronale. Fu da quel momento che, acquistando
maggiore coscienza di sé e delle proprie forze, i contadini riuscirono ad
assicurarsi un trattamento più umano. Fecero leva sulle pratiche solidali da
sempre esercitate in modo informale nelle campagne – come lo scambio di mano
d’opera tra le famiglie agricole nei momenti di punta dei lavori aziendali, che
sarà recepito nel nostro codice civile. A seconda delle regioni questa pratica
collaborativa assunse una denominazione diversa: la prestarella o anche
l’aiutarella.
A pratiche civili siffatte va collegata poi la lunga
tradizione dei consorzi di bonifica come esperienza solidale per recuperare
alla coltura terreni paludosi e acquitrinosi e per affrontare le esigenze di
tutela idraulica e idrogeologica. E sempre a quelle pratiche va connesso il
fenomeno – del tutto eccentrico rispetto ad altri paesi europei – delle origini
rurali del primo socialismo italiano.
Link completo >>> http://www.olioofficina.it/societa/cultura/contadini-o-agricoltori.htm
Autore : Alfonso Pascale
Fonte: Olioofficina
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