Con la Comunicazione “Il futuro dell’alimentazione e
dell’agricoltura”, COM (2017) 713 del 29 novembre scorso la Commissione dell’Ue
ha aperto il dibattito sul futuro della Pac post 2020. Dopo la definizione, nel
primo semestre 2018, del Quadro Finanziario Pluriennale (Qfp), verranno le
proposte di testi normativi nel secondo semestre e nel 2019 l’approvazione, al
termine del dibattito fra gli Organismi europei, gli Stati membri e il mondo
agricolo. I tempi sono stretti e non è esclusa una piccola proroga, anche
perché i mesi che ci attendono saranno difficili. La definizione del Qfp, dovrà
tenere conto delle conseguenze della Brexit, con l’uscita della Gran Bretagna
che porterà minori entrate, sia pure compensate da uscite ridotte. Nel primo
semestre 2018 vi saranno le elezioni italiane e, per prassi, le decisioni
importanti vengono rinviate a votazioni concluse. Nel 2019, poi, quelle del
Parlamento europeo e la nomina della nuova Commissione.
Con l’approvazione del regolamento Omnibus che introduce
alcune importanti novità la Commissione ha anticipato la strategia che sembra
già in linea con esso. La Comunicazione è un documento interessante, conciso,
fondato su un’analisi complessiva largamente condivisibile. Presenta evidenti
segnali di una nuova svolta nel cammino della riforma Pac di cui delinea il
sesto periodo. Ma bisognerà attendere i regolamenti comunitari e l’applicazione
che Ue e Stati membri, per le parti di rispettiva competenza, vorranno darne.
È articolata su sei linee strategiche ed un ulteriore
capitolo innovativo che affronta, finalmente, i problemi del ruolo della
politica estera europea nei confronti dell’agricoltura. Nei prossimi mesi
potremo meglio approfondire le diverse questioni, ma ci sembra che almeno tre
emergano: a) Un approccio più aperto
verso la scienza e il trasferimento dei suoi risultati in agricoltura,
b) La definizione di una politica agricola estera, c) La maggiore responsabilizzazione
degli Stati.
Questo aspetto è stato subito oggetto di molte riserve,
specie in Italia, per quello che viene definito il “rischio della
rinazionalizzione della Pac”. Sembra di cogliere gli echi di un’antica
questione che nei mesi preelettorali certamente riemergerà. Il timore nasce dai
numerosi passaggi della Comunicazione in cui si indica una maggiore
responsabilità degli Stati membri nell’esecuzione concreta delle indicazioni
della Pac elaborata dagli Organismi comunitari e che resterebbe comunque sotto
il controllo comune. Insomma, una sorta di libertà vigilata. Per la Pac la
rinazionalizzazione è impossibile istituzionalmente per il contenuto dei
Trattati, politicamente per la sua importanza sia economica sia di simbolo e
motore dell’integrazione, praticamente perché implicherebbe un negoziato e
decisioni di dimensioni pari alla Brexit.
Accompagnandosi all’inevitabile riduzione dei fondi per
l’agricoltura nel Qfp ed alla possibilità che gli Stati possano cofinanziare
alcuni aspetti della Pac, si teme che ciò penalizzi la nostra agricoltura.
Gravano su questo timore la proverbiale inefficienza, ai limiti
dell’incapacità, dell’Italia nel pensare e gestire una politica agraria
autonoma e svincolata dagli equilibri nostrani e la cronica mancanza di fondi
dovuta alle esigenze del colossale debito pubblico in crescita, nonostante la
congiuntura favorevole alla sua riduzione. Entrambi i timori non sono nuovi e
verranno esaltati dal clima elettorale, si veda la legge di bilancio. Per
questi motivi si preferisce che sia Bruxelles a decidere e ad accollarsi ogni
responsabilità. Fu così per l’euro e, nonostante gli immancabili richiami di
facciata al recupero della sovranità, lo sarebbe anche per una Pac meno
centralizzata.
Vedremo come si svilupperà la questione. Per ora è
necessario riflettere sul fatto che se l’Italia davvero, e non solo a parole,
crede nella sua agricoltura dovrebbe battersi a favore e non opporsi a questa
opportunità, trovando le risorse finanziarie indispensabili ora disperse in
mille rivoli improduttivi.
Fonte: Accademia dei Georgofili
Autore: Dario Casati
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