Pronto il primo atlante mondiale dei batteri che vivono nel
suolo: frutto dell'analisi di campioni raccolti in oltre 200 località di 18
Paesi sparsi in 6 continenti, dimostra che sono 'solo' 500 le specie
predominanti, sulle decine di migliaia che brulicano sotto i nostri piedi. Il
risultato, pubblicato sulla rivista Science da un gruppo internazionale
coordinato dall'Università del Colorado, apre a nuovi studi sull'importanza dei
microrganismi per la salute e la fertilità del terreno.
"E' incredibile quanto ancora non conosciamo dei
batteri predominanti nel suolo: molti non hanno neppure un nome", afferma
Noah Fierer, tra i coordinatori dello studio. "Con la nostra ricerca
abbiamo iniziato ad aprire questa scatola nera", aggiunge il collega
Manuel Delgado-Baquerizo. "Ora che abbiamo la lista, possiamo concentrare
i nostri sforzi per catalogare questi gruppi più importanti e studiare dove si
trovano e che cosa fanno".
Spesso trascurati perché invisibili, i batteri del suolo
costituiscono gran parte della biomassa del pianeta e giocano un ruolo
ecologico cruciale. Lo dimostra anche la ricerca condotta alle isole norvegesi
Svalbard da un gruppo internazionale coordinato dall'Italia, con l'Università
di Milano. Lo studio ha valutato come il processo di formazione del suolo
influisce sull'evoluzione dei batteri che vivono tra le radici delle piante
pioniere, fondamentali per i sistemi desertici: come laboratorio a cielo
aperto, i sedimenti depositati nel tempo dal ghiacciaio Midtre Lovénbreen.
I risultati, pubblicati su ISME Journal, dimostrano che
durante lo sviluppo dell'ecosistema la composizione della comunità batterica
del suolo cambia, aumentando di complessità e diversità in relazione al mutare
delle caratteristiche chimico-fisiche, che vanno da un substrato minerale ai
primi stadi di sviluppo ad un suolo maturo e fertile agli ultimi stadi.
Un'informazione preziosa per interpretare, al contrario, ciò che accade nel
degrado degli ecosistemi, in modo da elaborare strategie per mitigarlo.
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