Rotazioni, cover cropping, falsa semina, pacciamatura: le
tecniche per contenere le infestanti in agricoltura biologica provengono in
larga parte dalle buone pratiche del passato, ma ci sono anche tante soluzioni
di più recente invenzione.
Prima di parlare di erbacce da estirpare, c’è bisogno di
riflettere. Erbacce? Un buon coltivatore potrebbe avere qualche obiezione. In
effetti l’inerbimento del terreno, così come la biodiversità, non devono essere
considerati un ostacolo a tutti i costi. Come ci ha spiegato Giovanni Dinelli,
professore ordinario di agraria dell’Università di Bologna, «in agricoltura
biologica si impara a gestire con equilibrio le piante infestanti, tenendole a
bada senza la volontà di annientarle. Ho visto tanti agricoltori in conversione
al biologico tornare sui loro passi: erano scoraggiati dall’improvvisa
esplosione delle piante infestanti. Certo, dopo decenni di guerra totale,
saltano come tigri in cattività. Ci vuole tempo per rigenerare il terreno, ma
poi i risultati arrivano, anche nel loro contenimento».
Giocare d’anticipo
Prima ancora di estirparle, è bene attuare delle buone
pratiche agricole di contenimento e prevenzione. Con un sistema di rotazioni e
di biodiversità il nutrimento viene garantito meglio da sistemi radicali diversi
e anche le erbacce vengono contenute nel loro sviluppo. I miscugli e le
consociazioni inoltre sono più resistenti contro i parassiti e accrescono la
biodiversità microbica del terreno. Tuttavia nell’agricoltura da reddito la
prevalenza di alcune specie particolarmente robuste, che resistono persino agli
erbicidi, possono causare diversi grattacapi. Per cui è interesse comune
ridurre la loro propagazione.
Il buon agricoltore sa che la scelta dei tempi è importante,
giocando possibilmente in anticipo sullo sviluppo delle malerbe.
Partiamo dalle nozioni base: laddove è possibile, rispetto
alla semina in pieno campo si può utilizzare il trapianto delle giovani
piantine, in modo da dare un vantaggio iniziale alla pianta coltivata rispetto
alle infestanti. Ma si tratta anche di attuare le corrette lavorazioni del
terreno come l’aratura e la sarchiatura. Pratiche non necessarie nei sistemi di
semina su sodo o in agricoltura sinergica, che mirano ad alterare il meno
possibile l’equilibrio microbiologico e la mineralizzazione. Ma qui si entra
nel campo delle scelte, che si fanno in base a obiettivi e condizioni
specifiche.
Un presupposto di base dell’agricoltura biologica e
biodinamica è invece dato dalle rotazioni colturali, che consistono
nell’evitare di coltivare la solita specie sul medesimo terreno, alternando le
colture sfruttatrici a quelle miglioratrici e da rinnovo.
Il terreno non viene depauperato di sostanza organica e le
infestanti si trovano costrette a competere con più specie.
Un’altra strategia efficace è la copertura del suolo (cover
cropping) nei periodi di riposo, per proteggerlo dall’erosione e incrementare
la fertilità. La copertura vegetale si avvale di piante capaci di rilasciare
nel terreno composti chimici in grado di inibire la crescita e lo sviluppo di
piante concorrenti.
Molto praticata nelle piccole aziende e negli orti familiari
è la pacciamatura, che consiste nella copertura del suolo con paglia, foglie
secche, cortecce di pino, sabbia o altri materiali inerti. In alternativa si
utilizzano piante in stato vegetativo (cover crop) capaci di competere con le
malerbe.
Estratti del geranio e dell’aceto di vino
Per i seminativi, in particolare grano e granturco, è d’uso
comune la falsa semina, una sorta di gioco di astuzia per sbarazzarsi degli
intrusi: si prepara il letto di semina e si irriga senza interrare la semente.
In questo modo si favorisce la germinazione delle piante infestanti che vengono
poi eliminate successivamente mediante mezzi meccanici come l’erpice.
Successivamente si passa alla semina vera e propria delle
piante che si vogliono coltivare.
Il trattamento termico (o pirodiserbo), ancora poco
utilizzato, è un metodo ecologico e moderno che ci fa evitare la messa in
circolo di sostanze estranee nel terreno. Le erbacce vengono distrutte mediante
shock termico di vapore, così da far morire l’erba poco dopo. Con
un’applicazione costante le piante vengono indebolite al punto da non
ricrescere.
La ricerca nell’ambito delle sostanze ammesse in agricoltura
ha fatto nascere alcuni prodotti di origine naturale che agiscono per via
chimica. Sono quelli che vengono chiamati bioerbicidi. L’acido pelargonico,
ricavato dal geranio, è piuttosto efficace e si degrada velocemente. Stessa
sorte per l’aceto di vino, l’acido citrico o altri estratti aromatici a base di
aghi di pino e chiodi di garofano.
Fonte: Terra Nuova.it
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