Mercato saturo per la campagna dell’uva da tavola italiana.
La partenza a macchia di leopardo della frammentata produzione precoce
siciliana ha determinato un inizio al ribasso (-15/20% dei prezzi) che, in
giorni di piena stagione come questi, quando sono appena entrati in produzione
anche Puglia, Spagna e Marocco, determinano prezzi al produttore che non
arrivano neanche a 50 centesimi con picchi in discesa fino a 30 quando la
copertura dei costi sarebbe garantita dai 70 centesimi al chilo in su.
Per questo motivo la Puglia sta scandagliando il mercato
globale, letteralmente centimetro per centimetro, alla ricerca mercati nuovi e
soprattutto remunerativi. Come il possedimento francese delle Isole Reunion
nell’Oceano Indiano, appena aperto dopo i primi test dell’anno scorso.
D’altro canto i produttori siciliani più lungimiranti
cominciano a ragionare su come creare delle cordate di aziende private per
sollecitare il miglioramento varietale presso i centri di ricerca locali, in
modo di fare fronte ai crescenti stress climatici sul prodotto che si traducono
in aumenti di fenomeni di cracking, peronospora e oidio e perdite di prodotto
che l’anno scorso sono arrivate fino al 50%.
“Quest’anno – spiega al Corriere Ortofrutticolo Donato
Fanelli (nella foto), neoeletto coordinatore del tavolo Uva all’interno
dell’Organizzazione Interprofessionale che da agosto lancerà una nuova campagna
di promozione nei pdv sulla falsariga di quella di due anni fa – la quantità di
prodotto sul mercato è regolare eppure non riusciamo a spuntare i prezzi
giusti. Per questo speriamo, quando entreranno in produzione le varietà
tardive, di recuperare soprattutto sui mercati di export. Tra gli ultimi ci
sono le Isole Reunion. Dopo un primo test dell’anno scorso che ci ha fruttato
prezzi al produttore intorno ai 90 centesimi per 10 container inviati,
quest’anno contiamo di raddoppiare i volumi inviati. È un mercato importante
perché ci fa da ponte ad altri Paesi quali la Thailandia o Singapore”.
Il clima ‘ballerino’ degli ultimi mesi ha determinato, in
Sicilia, dei cali produttivi sull’uva precoce prevalentemente di varietà
Vittoria, che oscillano tra il 20 e il 30% dei volumi. Nonostante questo le
quotazioni non sono impennate e l’apertura delle danze, da parte dei
produttori, siciliani, è servita nella maggior parte dei casi a tirare indietro
le quotazioni.
Eccezion fatta per i ‘produttori premium’ che lavorano
principalmente con il mercato francese che ancora apprezza molto l’uva con
semi.
“In Sicilia – ci spiega Giovanni Bellassai, titolare
dell’omonima ditta che produce la celebre uva di Mazzarrone – siamo rimasti
legati alle varietà tradizionali perché dopo qualche esperimento sulle nuove
abbiamo visto che non riuscivano a recuperare il crescente gap di mercato. Così
da circa quattro anni abbiamo deciso di concentrarci su quello che sappiamo
fare con un’unica regola: fare meno e fare meglio. Coltiviamo circa 20 ettari
di Vittoria, Uva Italia e Red Globe ma ne commercializziamo molti di più per
via dei conferimenti da parte di altre aziende del territorio. Rispetto
all’anno scorso abbiamo un calo dei volumi del 30% per colpa del clima e spero
che questo possa premiare, a fine campagna, le quotazioni”.
Sui prodotti premium l’aumento dei prezzi stimati in Sicilia
oscilla tra il 10 e il 20% ma, essendo la produzione atomizzata, non sono tutti
così ottimistici.
“Fino al 10 luglio – ci spiega Fabrio Pelligra, dell’omonima
ditta di uva da tavola premium – il mercato era più fluido, adesso, in piena
campagna, il mercato è saturo e per un prodotto premium riusciamo ad arrivare a
80-90 centesimi al produttore. Speriamo nella risalita con le varietà tardive
specialmente con l’Uva Italia. Stiamo per applicare i teloni per garantire una
resa stabile e contrastare il fenomeno del cracking che quest’anno ci ha
causato perdite tra il 20 e il 30% della produzione. Anche sulle varietà
precoci siamo partiti meno bene rispetto all’anno scorso con un ribasso delle
quotazioni del 15-20%”.
Il ritardo siciliano sull’innovazione varietale, determinato
dalla frammentazione produttiva e dalla sfiducia generalizzata verso il nuovo e
l’incerto, sta spingendo i produttori siciliani più lungimiranti ad iniziare a
ragionare su una cordata di aziende che si mettano insieme per presentare al
CREA un piano di finanziamento concreto ai fini dello sviluppo di un
miglioramento varietale, sempre sulle varietà tradizionali, ma per ottenere un
prodotto che abbia una maggiore resistenza alle variabili climatiche.
Mariangela Latella
Fonte: Corriere Ortofrutticolo
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