Il gruppo di lavoro intergovernativo delle Nazioni Unite si
è riunito per definire le basi di un trattato che obblighi le imprese a
rispettare i diritti umani. Tutti i meccanismi adottati finora, infatti, hanno
carattere volontario. La società civile chiede anche l’istituzione di un
tribunale internazionale per giudicare le aziende.
A Ginevra è da poco terminata una settimana di negoziazioni.
Dal 23 al 27 ottobre, infatti, la città svizzera ha ospitato la terza sessione
del gruppo di lavoro intergovernativo delle Nazioni Unite per la definizione di
un trattato vincolante per le multinazionali in materia di diritti umani. Il
gruppo è nato nel 2014 su mandato del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu. È
la prima volta che viene negoziato un codice di carattere obbligatorio per le
imprese transnazionali e per le grandi corporation. I meccanismi adottati fino
ad ora, infatti, hanno carattere volontario e prevedono codici di condotta o
protocolli per la responsabilità di impresa.
Il trattato vincolante: la proposta della società civile
«La necessità di un trattato vincolante nasce dalla
constatazione che mancano meccanismi giuridici in grado di condannare le
imprese che violano i diritti umani», spiega Raffaele Morgantini del Cetim
(Centre Europe – Tiers Monde), un centro studi e ricerca sui meccanismi dello
sviluppo diseguale con sede a Ginevra. A battersi per questo nuovo strumento
sono, tra gli altri, le comunità indigene, i movimenti contadini e i sindacati,
che giudicano inefficaci i meccanismi giuridici esistenti nei confronti delle
multinazionali e delle grandi corporation. Morgantini, che ha partecipato alla
settimana di negoziati, spiega:
«Il nostro obiettivo è che le norme sul commercio e gli
investimenti, che hanno permesso alle multinazionali di accumulare potere
politico ed economico, siano subordinate a quelle sui diritti umani».
«Abbiamo cercato di influenzare la discussione tra gli stati
presentando un nostro documento unitario, una nostra proposta di trattato»,
racconta ancora il rappresentate di Cetim a Osservatorio Diritti. A preoccupare
le comunità colpite è soprattutto l’incapacità dei singoli paesi di obbligare
le multinazionali al rispetto dei diritti.
In alcuni casi manca la volontà politica di regolamentare
l’operato delle grandi corporation, in altri l’impotenza degli stati è legata
alla loro subalternità finanziaria e tecnica rispetto alla forza delle
multinazionali.
Diritti umani: un tribunale internazionale per le imprese
«Un trattato dal contenuto ottimo non è abbastanza»,
sottolinea il rappresentante di Cetim. Che aggiunge: «Servono dei meccanismi
internazionali che garantiscano la sua applicazione». La proposta della società
civile, infatti, prevede la creazione di un centro di monitoraggio in grado di
seguire le attività delle imprese multinazionali e di un tribunale
internazionale.
Lo scopo della corte è quello di giudicare le corporation a
partire dalle istanze delle comunità colpite e delle vittime. Non saranno
quindi solo gli stati a poter denunciare le aziende. «Questi meccanismi garantiranno
l’effettiva esecuzione della sentenza» sostiene Raffaele Morgantini. Che tiene
a chiarire un punto:
«La responsabilità non sarà applicata solo alle imprese, ma
anche ai dirigenti, alle persone fisiche».
Multinazionali e diritti umani: il ruolo dell’Ecuador
Sono stati Ecuador e Sudafrica a proporre la risoluzione del
2014 che ha portato alla creazione del gruppo di lavoro e ai negoziati per la
definizione di un trattato vincolante per le multinazionali. Il paese
latinoamericano, durante le giornate di fine ottobre, ha sottoposto alla
discussione un primo documento, frutto degli incontri e dei colloqui svolti in
questi anni. Si tratta di una prima bozza che raccoglie gli elementi
fondamentali per la definizione del trattato.
Il protagonismo dell’Ecuador non è casuale. Tra i testimoni
che hanno parlato durante la settimana di negoziati, infatti, c’è Pablo
Fajardo, rappresentante dell’Unione della popolazione colpita da Chevron-Texaco
in Ecuador. Il paese latino americano è stato protagonista di una battaglia
legale che lo ha visto contrapporsi alla multinazionale, accusata di aver
devastato la foresta equatoriale.
Il rispetto dei diritti umani: le posizioni di Usa e Ue
Il trattato vincolante è ancora all’inizio del suo percorso
negoziale e sono già molti i muri che deve superare. Gli Stati Uniti già
al’interno del Consiglio avevano deciso di non riconoscere il gruppo
intergovernativo e di boicottare le negoziazioni. L’amministrazione americana,
infatti, sostiene che esista già uno strumento in grado di responsabilizzare le
imprese. Si tratta delle linee guida su business e diritti umani dell’Onu, a
carattere volontario, approvate nel 2011.
Diverso il comportamento dell’Unione Europea, che ha
partecipato sin dal principio alle fasi negoziali, cercando però di sviare dal
vero obiettivo e concentrandosi su aspetti procedurali. La posizione assunta
dall’Ue è quella di chiedere una nuova risoluzione che dia mandato al gruppo di
lavoro di proseguire i negoziati.
«La risoluzione è molto chiara: il gruppo ha il mandato di
continuare il dibattito fino alla formulazione del trattato vincolante»,
sottolinea invece Raffaele Morgantini di Cetim.
Violazione dei diritti umani: una campagna globale
Più di 200 attivisti e rappresentanti della società civile
si sono dati appuntamento a Ginevra per seguire il dibattito sul trattato.
Fanno tutti parte della Campagna globale per lo smantellamento del potere e
dell’impunità delle corporation. Il movimento comprende ong, comunità indigene,
movimenti sociali, organizzazioni femministe e associazioni di vittime delle
aziende.
Le sale delle Nazioni Unite non hanno ospitato solo le
discussioni ufficiali tra gli stati, ma anche la voce dei molti rappresentanti
di comunità impattate. Tra loro anche rappresentati dei movimenti contadini
come Park Hyung-dae, membro sudcoreano de La Via Campesina che ha raccontato
l’impatto delle grandi aziende sull’agricoltura del paese asiatico.
«Molti contadini sono sommersi dai debiti e sono aumentati
casi di suicidio», ha denunciato Park Hyung-dae. Ha sottolineato, poi, come le
politiche agricole abbiano favorito le importazioni a discapito della
produzione locale di riso, e abbiano imposto semi, pesticidi e macchine
agricole ai piccoli produttori, spingendoli all’indebitamento.
Diritti umani e business: una questione di genere
«Sono soprattutto le donne a essere colpite dalle
multinazionali». Così Ana Maria Suarez Franco di Fian International spiega a
Osservatorio Diritti perché la questione di genere è centrale nella definizione
di un trattato vincolante per le imprese.
«Potrei fare diversi esempi: dall’impatto delle miniere
sulla salute alla violazione dei diritti delle lavoratrici nelle fabbriche»,
sottolinea la rappresentante dell’ong Fian International che ha seguito dal
principio le sessioni del gruppo di lavoro.
«Vogliamo che il trattato renda giustizia alle donne che
sono state sfrattate dalle loro terre, a quelle che sono state colpite
dall’inquinamento provocato dalle società».
Le donne, discriminate nella loro vita quotidiana sono spesso
escluse dai meccanismi di protezione sociale e di risarcimento dei danni,
sottolinea Fian International in un documento pubblicato alla vigilia dei
negoziati di ottobre.
Proprio per garantire il rispetto dei diritti delle donne, è
nato il gruppo “Femministe per il trattato” che raccoglie donne provenienti da
diversi paesi.
«Il nostro obiettivo non è solo quello di inserire la
questione di genere nel trattato vincolante, ma anche di garantire alle donne
di partecipare direttamente a tutto il processo negoziale», conclude Ana Maria
Suarez Franco.
Fonte: Osservatorio dei diritti
Autore: Marta Gatti
Link : https://www.osservatoriodiritti.it/2017/11/06/diritti-umani-business-onu-trattato-multinazionali/
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