Ammonta a non meno di 22 miliardi di euro il giro d’affari
annuo che la mafia realizza complessivamente nel settore agroalimentare
italiano, in ogni ambito della filiera, dalla produzione ai supermercati. È uno
dei dati emersi il 28 ottobre a Tempio Pausania (Sassari), nel corso del
convegno “La mafia nel piatto – Ovvero la penetrazione mafiosa nel settore
agroalimentare”, promosso dall’Istituto di studi politici, economici e sociali
Eurispes, dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema
agroalimentare e dalla Coldiretti Sardegna.
Nel suo intervento, il Presidente dall’Eurispes, Gian Maria
Fara, ha evidenziato come la mafia rappresenti un’ipoteca enorme sullo sviluppo
Paese, avendo la capacità di adeguarsi ai nuovi mercati e alle nuove tecnologie
con rapidità e adattamento immediato.
Dal 1993, l’Istituto studia il fenomeno dell’infiltrazione
mafiosa nel settore agroalimentare, che consente di produrre ingenti guadagni
incorrendo in rischi relativamente bassi. Basti pensare che il 50% dei beni
sequestrati alle mafie nel 2016 sono terreni agricoli.
Nello stesso anno, sono stati scoperti 80 distretti agricoli
nei quali veniva sfruttato il lavoro nero, praticando condizioni salariali ben
al di sotto della soglia minima legale. La Guarda di Finanza ha sequestrato 4
milioni di chilogrammi di beni alimentari oggetto di frodi e 848 mila litri di
bevande alcoliche e analcoliche illegali.
L’ex procuratore Gian Carlo Caselli, oggi presidente del
Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul
sistema agroalimentare, ha invece sottolineato come, sebbene l’Italia sia
l’unico Paese al mondo a punire la mafia anche come associazione criminale in
sé, la normativa vigente risulti insufficiente a contrastare l’attività mafiosa
odierna, che si avvale di nuovi mercati e nuove tecnologie per eludere il
sistema legale e realizzare profitti anche nel settore agroalimentare. L’appeal
del Made in Italy, unito al fatto che il contributo dell’agricoltura al PIL sia
determinante, rappresenta terreno fertile per le associazioni mafiose e criminali
perché il settore “tira e attira” ai fini di lucro.
Le organizzazioni criminali acquisiscono terreni in prima
persona o tramite prestanome, gestiscono il mercato idrico, fanno concorrenza
sleale, trasportano le merci dai campi ai mercati, gestiscono la
commercializzazione dei prodotti, impongono marchi e prodotti a esercizi
commerciali che condizionano e gestiscono o rilevano, gestiscono punti di
ristoro, orientano campagne pubblicitarie e condizionano ricerche sulla qualità
dei prodotti, rastrellano finanziamenti pubblici specialmente dell’Unione
europea e gestiscono i mercati ortofrutticoli.
Gli effetti deleteri di queste attività sono una concorrenza
drogata, che crea un monopolio criminale a scapito degli imprenditori agricoli
onesti, i quali vengono emarginati e danneggiati.
(© Osservatorio AGR)
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