Alleanza italo francese contro le importazioni in Europa di
prodotti che non rispettano diritti umani e dei lavoratori e che mettono a rischio
l’ambiente e la salute dei consumatori. L’accordo fra Coldiretti e Fnsea (la
maggiore associazione di rappresentanza degli agricoltori francesi) è stato
firmato in occasione della presentazione della tavola della vergogna al Forum
Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione tenutosi sabato 20 ottobre
a Cernobbio. “Non possiamo accettare che la liberalizzazione del commercio
mondiale porti ad accordi asimmetrici, fondati su un modello omologante e non
trasparente, che non riconosce la diversità, che non valorizza la qualità, e
che non difende gli standard ambientali, il rispetto del lavoro, i diritti
delle persone. Caratteristiche esaltate dal modello produttivo europeo, non
solo agricolo – spiegano Roberto Moncalvo, Presidente di Coldiretti e Christiane
Lambert Presidente di Fnsea – al protezionismo e al liberismo senza regole
proponiamo un’alternativa che promuova un equilibro tra la necessaria apertura
al mercato e la protezione degli interessi economici, nel rispetto delle
persone e dell’ambiente”.
In risposta alla crisi del sistema commerciale
multilaterale, l’UE ha inaugurato una stagione di accordi commerciali
squilibrati che penalizzano l’agricoltura europea attraverso la legittimazione
di regole di produzione non sostenibili sia dal punto di vista ambientale che
sul fronte dei diritti dei lavoratori. Ad esempio il Ceta, l’accordo di libero
scambio con il Canada, prevede l’ingresso in Europa di prodotti agricoli
trattati con molecole risalenti agli anni ’70 e vietate in Europa da almeno 20 anni
e ancora in Canada è consentito l’utilizzo della streptomicina un antibiotico
per la lotta alla batteriosi di alcune colture. L’Australia sta negoziando con
l’UE un accordo commerciale che permetterà l’ingresso in Europa di diversi
prodotti agricoli australiani, anche se nel Paese si fa largo uso di atrazina e
altri erbicidi e insetticidi vietati in Europa. Il Brasile sta negoziando, in
ambito Mercosur, un accordo con l’UE che agevolerebbe l’entrata in Europa di
diversi prodotti agricoli brasiliani, nonostante nel Paese la tracciabilità
della carne non sia garantita, e vi siano stati scandali recenti quali ad
esempio l’operazione “Carne Fraca”.
Ma accordi squilibrati penalizzano l’agricoltura europea,
accettando regole di produzione che favoriscono lo sfruttamento delle persone
come avviene in Birmania che gode del regime EBA, con la possibilità di
esportare in Europa riso a dazio zero per la cui produzione si registrano nel
Paese casi di sfruttamento del lavoro minorile, episodi di lavoro forzato, nonché
violenze contro la minoranza Rohingya. Allo stesso modo, pratiche di
sfruttamento minorile si verificano in Brasile, che negozia con l’Unione
europea, in ambito Mercosur, un contingente di esportazione di carne bovina a
dazio agevolato; in Vietnam che ha raggiunto un accordo commerciale con l’UE,
in attesa di adozione, che prevede un contingente di esportazione di riso a
dazio zero e in Messico che ha raggiunto un accordo commerciale preliminare con
l’UE, che prevede un contingente di esportazione per lo zucchero. La corsa alla
globalizzazione sta creando un commercio di prodotti che non rispettano le
norme minime di produzione, ambientali, sociali e sanitarie, circolano
liberamente a prezzi non concorrenziali che mettono in ginocchio i nostri
agricoltori. L’eccessiva lunghezza dei tempi di attivazione della clausola di
salvaguardia è un ostacolo che necessita una riflessione a livello UE su
strumenti più rapidi di blocco delle importazioni nel caso di rischi per la
salute dei consumatori e dei lavoratori o per la salvaguardia dell’ambiente.
La mancanza di trasparenza che di fatto legittima
l’anonimato del cibo che arriva sulle tavole dei consumatori, grazie
all’assenza di legislazione europea che obblighi ad indicare l’origine degli
alimenti per permettere ai consumatori scelte informate, vanifica gli sforzi
dei nostri agricoltori per produrre cibi sani e di qualità. L’iniziativa
europea dei cittadini “EatORIGINal” (un’alleanza di organizzazioni di
agricoltori e consumatori di Francia, Italia, Spagna, Grecia, Polonia, Svezia e
Belgio), appena registrata dalla Commissione, testimonierà la nostra forte
mobilitazione in materia. “FNSEA e Coldiretti dicono “NO” a questa politica
della liberalizzazione a tutti i costi e chiedono con forza una nuova strategia
commerciale, che promuova accordi ambiziosi sì, ma anche ragionevoli,
equilibrati e regolamentati, risolvendo quelle incoerenze che mettono a
repentaglio il futuro delle aziende agricole ed agroalimentari europee”
spiegano Roberto Moncalvo, Presidente di Coldiretti e Christiane Lambert,
Presidente di Fnsea.
Per questo deve essere realizzato uno studio di impatto
approfondito per ogni accordo commerciale, che tenga conto di tutti i settori
sensibili, anche a costo di rallentare la procedura di negoziazione e arrivare
a escludere settori specifici. I negoziati commerciali internazionali sono
altamente complessi e hanno bisogno di tempo, come constatiamo in ogni
negoziato. Nel caso della Brexit abbiamo davanti a noi un calendario molto
serrato e molte incertezze per questo riteniamo opportuno sospendere tutti gli
altri negoziati con i Paesi terzi, in modo da non subire danni collaterali e
gestire al meglio le sfide poste dall’uscita del Regno Unito dall’Unione
europea. Nell’ambito dei negoziati con i Paesi terzi, l’UE dovrebbe poi
proteggere il sistema delle indicazioni geografiche nel suo insieme e non di
singole denominazioni. Sono inaccettabili accordi che di fatto legalizzano e
legittimano le evocazioni di prodotti alimentari che godono della protezione
dell’UE quanto alla loro origine e qualità, dal Parmesan al Munster, dal Compté
all’Asiago alla Fontina, nonché altre innumerevoli deroghe che, come nel caso
dell’accordo con Singapore, sanciscono la possibilità di non proteggere
un’indicazione geografica in presenza di un marchio “famoso, rinomato, ben
conosciuto” se la protezione dell’indicazione geografica potrebbe confondere il
consumatore.
L’Unione europea dovrebbe poi semplificare le procedure di
attivazione della clausola di salvaguardia, accelerando i tempi di attivazione
dell’investigazione. In aggiunta a questo, l’Unione europea dovrebbe introdurre
nuovi strumenti atti a bloccare le importazioni quando Paesi non-UE applicano
misure di dumping sociale e ambientale, causando una perdita di competitività degli
agricoltori europei. In particolare risulta inaccettabile che gli accordi
commerciali non tengano conto il nostro modello sociale di protezione dei
lavoratori e di lotta contro le violenze sulle minoranze. Bisogna garantire
sempre ai Parlamenti nazionali l’ultima parola su tutti gli accordi commerciali
stipulati dall’UE con i Paesi terzi e non alimentare e bloccare pratiche sleali
che generano una distorsione della concorrenza e tenendo conto delle condizioni
sociali in cui i lavoratori vengono costretti a produrre e gli standard
ambientali della produzione
A ciò si aggiunge anche il pericoloso diffondersi di sistemi
di informazione fuorviante sulle qualità intrinseche dei prodotti che vanno
spesso a penalizzare prodotti europei universalmente riconosciuti per gli
effetti benefici sulla salute, se consumati in maniera corretta nel quadro di
un’alimentazione diversificata ed equilibrata. Il proliferare di sistemi di
etichettatura a semaforo semplificata anche fuori dai confini dell’UE mette a
rischio tutto il sistema agroalimentare europeo. I negoziati commerciali
dovrebbero tenere in alta considerazione anche l’effetto di tali potenziali
barriere commerciali non tariffarie. “Un’informazione chiara e onesta –
concludono Moncalvo e Lambert – permette di riconoscere gli sforzi e gli
impegni profusi dagli agricoltori, rafforzando il legame di fiducia con il
consumatore e valorizzando la tracciabilità delle nostre filiere”.
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