Il problema della lotta alla siccità, che appare come uno
dei più gravi problemi del pianeta legati al cambiamento climatico a cui stiamo
assistendo, vede nei laghetti collinari uno dei principali strumenti per
preservare la nostra agricoltura.
La natura sta facendo la propria parte. Ma se negli ultimi
anni ci troviamo sempre più spesso in emergenza idrica la colpa è soprattutto
nostra. Non (solo) per aver contribuito a provocare il cambiamento climatico,
ma perché gestiamo male l'acqua che c'è. E di acqua, sotto ai nostri piedi, in
Italia ne abbiamo moltissima. Così tanta che a cose normali non dovremmo avere
alcun problema di approvvigionamento, neanche in estati così secche.
Già, perché l'85% del fabbisogno di acqua potabile nel
nostro Paese proviene da acque sotterranee, soprattutto pozzi e sorgenti. E
secondo l'Associazione internazionale degli idrogeologi "pur risentendo
della diminuzione delle piogge la risorsa idrica sotterranea nazionale si
rinnova annualmente, per circa 50 miliardi di metri cubi, valore ben 10 volte
maggiore sia del totale dell'acqua invasata nel lago di Garda che di quella che
il fiume Po scarica in Adriatico in un anno". Nonostante tutto ciò, Istat
ha rilevato che già nel 2016 quasi il 10% delle famiglie italiane lamentava
interruzioni nella fornitura di acqua nelle proprie abitazioni.
Sprechi: Il problema numero uno, è che i nostri acquedotti
sono vecchi e perdono oltre un terzo dell'acqua che trasportano. Secondo
l'Istat, nel 2015 è andato perso il 38,2% dell'acqua immessa nelle reti di
distribuzione potabile. Per il 3% si tratta di allacciamenti abusivi ma, al
netto degli errori di misurazione e degli evasori, la perdita giornaliera
ammonta comunque a 50 metri cubi per ogni chilometro di acquedotto. L'istituto
di statistica calcola che questo volume d'acqua consentirebbe a oltre dieci
milioni di persone di dissetarsi e lavarsi per un anno.
Agricoltura: la sfida del secolo.
Come ha ricordato la stessa associazione ambientalista, in
questa storia l'agricoltura è sia vittima che carnefice. Il settore primario da
solo, infatti, consuma oltre la metà (54,5%) del patrimonio idrico del paese
per un totale, compresi gli allevamenti, di 17 miliardi di metri cubi l'anno.
Per avere un termine di paragone, l'acqua usata per usi civili è il 19,5%.
Dall'altra parte, è proprio tra i campi che si vivono le conseguenze peggiori
della siccità. E i nodi stanno per venire al pettine.
La produzione di olio 2017 rischia di ripetere, se non
peggiorare, la terribile performance della 2014 (per paradosso in quel caso la
colpa fu di un'estate insolitamente fresca e umida); anche per la vendemmia si
prevede un calo delle rese tra il 15 e il 20% (a fronte di una qualità
superiore del vino, proprio a causa della poca acqua assorbita dai frutti) e lo
stesso calo sta riguardando il miele (-75% circa) la produzione di latte.
Perché anche api e mucche soffrono il caldo.
Certo non tutte le coltivazioni hanno bisogno di essere
innafiate ogni giorno. La Società italiana di agronomia ha ricordato, nei
giorni scorsi, come frutteti, oliveti e vitigni vengano irrigati solo se la
siccità mette a rischio il raccolto, mentre l'acqua usata per sommergere il
riso, una coltura con esigenze idriche altissime, "viene per gran parte
restituita a valle, garantendo un apporto idrico regolare in un territorio
molto ampio".
La scienza, però, sta facendo molto per affrontare la
carenza idrica nei campi che nei prossimi anni diventerà la regola. Si chiama
agricoltura di precisione. Quello che prima facevano i satelliti ora lo fanno droni
e robot, "armati" di telecamere a infrarossi, termocamere e sensori
ambientali. Grazie a questi mezzi gli agricoltori dispongono di informazioni
prima impensabili. Ad esempio sullo stato della vegetazione e del terreno, per
capire se e quanto c'è bisogno di irrigare e in quali aree del campo. Efesto è
un drone sviluppato dal Cnr e fornisce dati con una risoluzione di 3
centimetri/pixel, laddove il satellite non supera i 5 metri per pixel. Grazie
al pacchetto hi-tech montato a bordo di Efesto il Cnr ha calcolato che
l'utilizzo di questo drone possa portare a un risparmio del 25% di acqua.
A questa caccia alle soluzioni anti siccità partecipa anche
il Crea, un ente pubblico nato proprio per cercare soluzioni alle esigenze
della nostra agricoltura. I suoi ricercatori stanno infatti per lanciare la
propria versione di DSS (Decision Support System), un sistema che integra i
dati raccolti da sensori a contatto con le piante, radiometri a bordo di droni
o velivoli leggeri, telerilevamento da satellite e previsioni climatiche.
Questa enorme mole di dati verrà messa a disposizione degli agricoltori, che
potranno conoscere nel dettaglio le caratteristiche del suolo e come stanno
crescendo le loro piante in tempo reale. Perché non servono miracoli: l'acqua
c'è, va solo utilizzata meglio.
Autore: Federico Formica
Nessun commento:
Posta un commento