L’esito delle tanto attese ed enfatizzate elezioni politiche
è ormai archiviato e si traduce nell’evidenza dei numeri. Dopo l’ora della
contesa è giunta, o meglio dovrebbe esserlo, quella della politica e del
rimettersi al lavoro. Invece infuria un chiassoso dibattito mediatico, tanto
inutile quanto vuoto, centrato sulle possibili combinazioni dei numeri alla
ricerca di una maggioranza che appare, secondo logica e buon senso, quasi
impossibile. L’aspetto più sorprendente è dato proprio dalla ricerca affannosa
di soluzioni numeriche per arrivare, finalmente, a governare. La politica
sembra dimenticare che l’obbiettivo non è una maggioranza purchessia, ma la
realizzazione di un programma di governo che funzioni.
In questo quadro la situazione del settore agricolo è forse
il triste paradigma del paese. L’agricoltura proviene da almeno un triennio di
prezzi bassi, di redditi compressi, di disorganizzazione della politica e di
carenza tragica di strategie. Il tutto coperto di lustrini e belletto, come un
tempo usava per i nobili decaduti, forniti dai mezzi di comunicazione sui
successi dell’alimentare italiano. È la tragica eredità dell’EXPO 2015 che
emerge dagli abissi di un autocompiacimento che non corrisponde alla realtà
dell’agricoltura. Questa non è l’enogastronomia tanto di moda e che a certe
condizioni è anche redditizia, ma ne è la base essenziale e insostituibile. Il
sintomo importante e significativo di questo stato di abbandono, anche se nella
sostanza poco rilevante, è il fatto che, in attesa della soluzione al rebus del
governo, il Ministro dell’Agricoltura abbia lasciato il suo posto per occuparsi
d’altro. Certo, l’interim viene coperto dal Presidente del Consiglio, ma è
ovvio che sia una soluzione di ripiego, provvisoria. Appunto.
Questo settore, il nostro, che viene decantato con stolta
baldanza, come l’asse portante della ripresa economica del paese,
dell’occupazione, delle esportazioni non è esattamente in queste condizioni. Il
contributo al Prodotto interno lordo da oltre un decennio è fermo e comunque
sotto al 2%, l’occupazione, come è logico che sia in un’economia sviluppata, è
in costante leggero calo tendenziale, l’export in crescita è quello dei
prodotti alimentari, e non quello dei prodotti agricoli di base. La verità è
che il paese anche nell’aggregato agricolo alimentare si rivela grande e abile
trasformatore. Ma spesso dimentica che ciò che esportiamo in realtà si regge
sul contributo delle materie prime importate e lavorate da noi con sapienza e
ingegno.
L’ambiente che l’agricoltura tutela e conserva in realtà le
viene conteso, sottratto e precluso dalle normative elaborate con altri
obiettivi che non sono quelli agricoli. Le infrastrutture per l’agricoltura che
gioverebbero al territorio assicurandone la stabilità a vantaggio dell’intero paese,
sono ferme a logiche e realizzazioni vecchie di decenni.
Manca da anni una vera politica agricola che sarebbe, ed è,
possibile pur con i limiti europei che si accompagnano alle poche risorse
finanziarie per l’agricoltura. Si è appena avviata la fase preparatoria della
Pac per gli anni dopo il 2020 e cioè quelli del dopo Brexit, della riduzione
delle risorse per l’agricoltura, dell’Europa del disincanto alimentato anche
dal malessere agricolo. Il documento preparatorio presentato dalla Commissione
apre ad una forte responsabilizzazione degli stati membri. Ma si cercherebbe
invano nel dibattito politico e nei faraonici e illusori programmi elettorali
un minimo di strategia di politica agraria nell’interesse della nostra
agricoltura. E poi, in questi giorni decisivi per la scrittura delle future
normative, chi tratta con gli altri partner? Chi rappresenta l’agricoltura
italiana?
Ecco perché torna alla memoria, amaro, il bellissimo verso
di Petrarca che dà il titolo a questa riflessione. Era indirizzato alla
Filosofia, ci permettiamo di parafrasarlo sostituendola con l’agricoltura:
“Povera e nuda vai, Agricoltura”. Suggeriamo ai lettori più pazienti di
leggerlo fino alla terzina finale. Vi
troveranno un piccolo conforto morale.
Autore: Dario Casati
Fonte: Accademia dei Georgofili
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