Arrivano le linee guida sullo street food agricolo. Ad
Annunciarlo è la Coldiretti dopo l’invio da parte dell’Anci, l’Associazione
Nazionale Comuni Italiani, di una Nota di indirizzi in risposta alle richieste
di chiarimenti avanzate da molti Comuni in merito alle modalità applicative
delle novità introdotte per la normativa sulla vendita diretta dei prodotti
agricoli dalla legge n. 205 del 2017 (la Legge di bilancio 2018).
Il riferimento, in particolare, è all’articolo 1, comma 499,
della citata legge n. 205 che, nell’integrare la disciplina sulla vendita
diretta di cui all’art. 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001, ha ampliato
le modalità di esercizio di tale attività consentendo la vendita di “prodotti
agricoli, anche manipolati e trasformati, già pronti per il consumo, mediante
l’utilizzo di strutture mobili, nella disponibilità dell’impresa agricola anche
in modalità itinerante su aree pubbliche o private” (cosiddetto “street food
agricolo”).
Nell’ambito della vendita diretta dei prodotti agricoli,
comprensiva della eventuale “somministrazione non assistita” degli stessi
effettuata utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità
dell’imprenditore agricolo, è possibile per lo stesso imprenditore esercitare
quello che ormai viene definito lo “street food agricolo”, naturalmente nel
rispetto delle vigenti normative igienico-sanitarie.
La Nota di indirizzi, ampiamente concertata dal Dipartimento
attività produttive di Anci con Coldiretti, è importante in quanto fornisce le
necessarie indicazioni sullo svolgimento dello “street food agricolo” che,
innanzitutto, può essere effettuato su tutto il territorio nazionale e nel
corso di tutto l’anno.
Circa le attrezzature e le strutture mobili utilizzabili, si
precisa che per “strutture mobili nella disponibilità della impresa” devono
intendersi non necessariamente quelle di proprietà ma anche quelle utilizzate
dalla impresa sulla base di un titolo giuridicamente valido ed efficace (ad es.
in comodato).
Il documento Anci chiarisce anche il significato da
attribuire alla locuzione “prodotti già pronti per il consumo”, ritenendo,
conformemente alla interpretazione giurisprudenziale formatasi in materia, che
i prodotti già pronti per il consumo siano quelli che non necessitano di
cottura sul posto per essere commestibili ma che, al limite, possono essere
riscaldati, anche su richiesta del consumatore, non essendo, invece, possibile
un’attività di manipolazione sul luogo di vendita che consista in una vera e
propria “cottura”.
Fonte: Il Punto Coldiretti
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