martedì 5 febbraio 2013

Le associazioni dicono no agli Ogm

Vi sono molte buone ragioni per continuare a dire ‘no’ alla coltivazione di OGM nel nostro Paese, ma ve ne è una ‘particolare’ che sfugge ai decisori politici europei, ai dirigenti delle grandi multinazionali, ai traders internazionali che sul cibo come commodity costruiscono fortune finanziarie. Questa ragione rimanda a ciò che definiremmo sovranità alimentare o, meglio, a tutto ciò che è sotteso al bene primario per eccellenza degli esseri umani e, cioè, agli alimenti. Questi beni, per loro natura, hanno una destinazione universale. E’ principalmente su questo terreno, che è un terreno di ‘comunità estesa’ i cui diritti sono di natura universale e comprendono passato, presente e futuro, che noi fondiamo la nostra contrarietà agli Ogm.
Una contrarietà che nasce dal fatto che le produzioni transgeniche ledono, anzi tutto, diritti che sono universali di cui oggi godiamo noi, ma di cui domani dovranno poter godere le generazioni che verranno. Vediamo, infatti, cosa comporterebbe, allo stato attuale, una scelta a favore degli Ogm.
In primo luogo, verrebbero meno quei principi di precauzione e di responsabilità che implicano il dovere di informare ed impedire l’occultamento di dati e ricerche su possibili rischi, sia per la salute che per l’ambiente; a riguardo basta sottolineare che una vasta parte della comunità scientifica continua ad esprimere forti e rinnovate perplessità e significative resistenze all’impiego delle tecnologie transgeniche. Ciò ha come conseguenza un riposizionamento del luogo e dei soggetti decisionali: quando infatti le applicazioni della scienza, ovvero le tecnologie, sono di portata tale che eventuali errori avrebbero ricadute globali ed incontrollabili su salute e ambiente, spetta ai cittadini - consumatori e non agli scienziati dire l’ultima parola.
In secondo luogo, la scelta degli Ogm - di per sé fattore di omologazione - avrebbe come conseguenza la messa in discussione di uno dei principali fattori di creazione di valore aggiunto del Paese e, cioè, il nostro modello agricolo e zootecnico per quanto riguarda, in particolare, la selezione di mangimi. La nostra agricoltura, infatti, è fondata su produzioni ‘distintive’ apprezzate sul mercato interno ma, ancor più, all’estero. E’ questa chiave identitaria e distintiva basata sulla qualità e sulla bio-diversità a dar vita a quel Made in Italy così suggestivo e così internazionalmente riconosciuto da essere costantemente minacciato da imitazioni e falsificazioni.

Infine, la scelta Ogm, aprirebbe un insanabile conflitto con tutte quelle esperienze avviate con successo in economia e nella società, che stanno dando vita a modelli di consumo sempre più basati sulla trasparenza, sulla assoluta garanzia di sicurezza, sul riconoscimento della firma del ‘produttore’ stesso, ripristinando la fiducia negli scambi dopo i vari scandali provocati dal commercio internazionale (dalla mucca pazza, all’influenza aviaria).
Scegliere gli Ogm significherebbe, quindi, mettere in discussione i diritti delle generazioni che verranno e quelle dei consumatori, rischiando di compromettere l’equilibrio ambientale che abbiamo ricevuto - e con molta fatica conservato - dalle generazioni precedenti, rompendo il patto che lega gli agricoltori ai cittadini ed ai consumatori in termini di qualità e sicurezza alimentare, depauperando un patrimonio produttivo che, anche in questa fase di ‘crisi’, mostra di saper dare un enorme contributo al Paese.
Non ci spingiamo in valutazioni più globali, né sul ruolo dell’agricoltura di prossimità, considerata dalla FAO come elemento rigenerante per i Paesi in cui ‘la fame’ costituisce un problema e una costante minaccia; né su quello, discutibilissimo, delle multinazionali del transgenico in questi stessi Paesi.
Ci limitiamo - come forza rappresentativa di interessi, bisogni e passioni in ambito agricolo di mondi plurali e connessi dell’agricoltura, dell’ambiente, del consumerismo - a parlare all’Italia, nella certezza, che un messaggio forte che parte dal nostro Paese, in quanto faccia il proprio mestiere, proprio per le sue peculiarità e per il riconoscimento che il suo agroalimentare riscuote a livello planetario, possa varcare molti confini ed aprire molte coscienze sulle scelte finali da intraprendere.
Per questo chiediamo in modo chiaro e trasparente a tutti i partiti e candidati impegnati nella consultazione elettorale di esprimersi in merito alla:
adozione, entro sessanta giorni, dalla data di formazione del Governo, della clausola di salvaguardia da notificarsi alla Commissione europea, su iniziativa dei Ministri delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, della Salute, dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, al fine di vietare ogni forma di coltivazione di OGM autorizzati a livello europeo (mais MON-8IO e patata Amflorà) a tutela della sicurezza del modello economico e sociale di sviluppo dell’agroalimentare italiano.

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