venerdì 27 novembre 2020

Siccità, il Sud Italia è già in “zona rossa”

 

Dopo l’ultimo monitoraggio, l’Osservatorio dell’Anbi sullo stato delle risorse idriche ha alzato il livello d’allarme. Il Mezzogiorno soffre la sete, ma anche al Nord emergono problemi in alcune aree. Dimezzata la portata del fiume Po.

 

 

 

Gli indizi erano già emersi nella prima metà dell’anno, ma le ultime evidenze delineano un quadro ancora più compromesso, con ampie aree del territorio italiano finite quest’anno nella morsa della siccità.

 

 

 

Dopo i bilanci di quest’estate, con un raccolto, quello del frumento duro, pregiudicato soprattutto nel Nord della Puglia dalla prolungata assenza di piogge nei mesi invernali (le perdite di resa nel Tavoliere hanno toccato punte del meno 40-50%), l’emergenza siccità si è estesa all’intera area del Mezzogiorno, interessando ormai anche alcuni bacini del Nord e del Centro Italia.

 

 

 

A confermare la gravità della situazione è l’Osservatorio dell’Anbi sullo stato delle risorse idriche che, dopo l’ultimo monitoraggio, ha alzato ulteriormente il livello d’allarme. Secondo gli esperti dell’Associazione che riunisce i consorzi italiani di bonifica, a essere finite in “zona rossa” sono ormai tutte le regioni del Sud Italia dove, alle situazioni di conclamata crisi idrica di Puglia (-77,2 milioni  di metri  cubi rispetto al 2019) e Basilicata (-36 milioni), si è aggiunta quella della Sicilia, che in ottobre ha registrato appena 44,7 millimetri di pioggia, contro i 99,5 millimetri di un anno fa. La mancanza (o quasi) di precipitazioni – osserva l’Anbi – ha accentuato nell’isola la situazione di già allarmante deficit idrico, determinando, nella fotografia attuale, una carenza di quasi 86 milioni di metri cubi di acqua rispetto allo scorso anno.

 

 

 

Piuttosto critico il bilancio anche in Calabria, dove a preoccupare gli operatori sono soprattutto le condizioni di sofferenza dei pascoli nelle aree interne. L’insufficienza di piogge – riferiscono gli esperti dell’Osservatorio delle bonifiche – ha interessato in prevalenza le province di Catanzaro e Crotone, ma il quadro generale, seppure carente, appare a livello regionale meno pesante rispetto ad altre aree del Mezzogiorno.

 

 

 

La spia rossa lampeggia anche in corrispondenza della Campania, regione in cui gli idrometri segnalano una preoccupante discesa dei livelli della portata dei fiumi per la mancanza di piogge recenti. Stessa considerazione per quanto attiene agli invasi, in evidente stato deficitario rispetto alle condizioni di un anno fa.

 

 

 

Decisamente più eterogeneo il quadro idrico nell’Italia centrale, con problemi a macchia di leopardo nel Lazio (portate inferiori al 2019 si osservano nei fiumi Tevere, Liri-Garigliano e Sacco), condizioni normali in Sardegna e più che soddisfacenti in Umbria, dopo un ottobre particolarmente piovoso, a fronte di una conclamata emergenza in tutto il territorio marchigiano, dove i livelli degli invasi sono ai minimi dal 2017.

 

 

 

Al Nord, l’Osservatorio dell’Anbi segnala il dimezzamento della portata del fiume Po, sempre nel confronto con la scorsa annata, evidenziando una situazione altrettanto deficitaria per molti corsi d’acqua piemontesi.

 

 

 

“La fotografia, che emerge dai nostri dati – spiega Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi – è quella di un Paese sempre più differenziato dal punto di vista idrico che, utilizzando una simbologia corrente, va dal verde del Veneto al rosso delle regioni meridionali, a rischio di lockdown irriguo”.

 

 

 

“Si è appena conclusa – aggiunge Gargano – una stagione agricola idricamente difficile in Puglia, Basilicata e Sicilia; la speranza è che la stagione autunno-vernina porti le attese precipitazioni, evitando al contempo possibili conseguenze idrogeologiche su un terreno inaridito”.

 

 

 

Intanto, il 2020 si conferma come il quinto anno più caldo mai registrato in Italia dal 1800, con una temperatura di quasi un grado (+0,91°) più elevata rispetto alla media storica, stando ai dati Isac-Cnr relativi ai primi dieci mesi dell’anno. In questa prima metà di novembre, che tradizionalmente è il mese più piovoso dell’anno, il caldo anomalo è stato accompagnato da un’assenza quasi totale di piogge. La mancanza di freddo – rileva la Coldiretti – mette a rischio le future fioriture di alcune varietà di piante da frutto, mentre il caldo sta ritardando diverse operazioni colturali, procrastinando anche la raccolta di alcune uve in Veneto e Campania.

Fonte: Osservatorio Agroalimentare

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