lunedì 28 luglio 2014

Vendita diretta: fidelizzare il cliente, ricetta anticrisi

La base da cui partire è la qualità e la riconoscibilità di un prodotto che va legato al territorio e alle stagioni. Su questa base occorrerebbe costruire un impianto solido, fatto di educazione anzitutto, ma anche regole, controlli e politiche di sviluppo che consentano a chi produce di avere un minimo di guadagno.
Purtroppo da noi, almeno a sentire la voce degli imprenditori, sembra essere rimasta solo la base. Il risultato è che, nonostante i prezzi di frutta e verdura siano sempre più bassi, i consumi continuano la loro caduta libera, raggiungendo, e forse superando, il minimo storico da inizio secolo.
Sono cambiati i gusti

«Diciamo che la situazione è in mutamento, perché negli anni cambiano i gusti, le possibilità di spendere, l'alimentazione. Senza dubbio la generazione che ci ha preceduto è stata più fortunata, noi dobbiamo lavorare di più anche fuori dal campo». A dirlo è Federica Trenti, imprenditrice under 40, che conduce un piccolo frutteto nel bolognese, producendo essenzialmente pere, ciliegie e prugne. Buona parte della frutta viene conferita in cooperativa, il resto finisce al mercato ortofrutticolo. Di vendita diretta ancora non si parla, la dimensione non lo permette. Però, anche se il rapporto con il consumatore non è diretto, è lui la chiave di volta: «bisogna puntare sulla qualità e sulla riconoscibilità. Io mi salvo perché faccio un prodotto di nicchia, varietà europee di prugne, mentre oggi vanno per la maggiore le cino-giapponesi. Il problema - prosegue - è che i gusti si sono uniformati. Chi compra è abituato ad avere sulla tavola un sapore standard, però posso assicurare che quando assaggia la mia frutta sente la differenza».

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