mercoledì 20 febbraio 2019

Vediamo come la GD dovrebbe rivedere l’assetto organizzativo per l’ortofrutta


Nella mia recente analisi, pubblicata su questo sito, sulle prossime evoluzioni nell’assortimento di frutta e verdura nella GD emergevano indirizzi opposti da parte dei distributori: un assortimento molto esteso nella GD e, al contrario, essenziale per discount e fruttivendoli. Il CSO di Ferrara ha rilevato, nei primi nove mesi del 2018, una flessione dei volumi nella Grande Distribuzione, ma in un quadro complessivo di espansione dei consumi dell’ortofrutta, a beneficio di dettaglianti (ambulanti / negozi) e discount, proprio gli operatori che espongono una proposta ridotta al cliente.

I risultati, in questo caso, non sono come quelli del calcio che, se perdi 2 a 0, non raccogli nemmeno un punto; ridurre le vendite del 2%, significa che, a fronte di volumi precedenti pari a 100, ti attesti al 98, il che rappresenta comunque per la GD una quota importante. Dunque… tutto bene? Niente affatto. In economia i trend raramente sono episodici, bensì, nel caso specifico, potrebbero testimoniare una disaffezione destinata a proseguire nel tempo, se non vengono adottati opportuni correttivi.

Negli anni abbiamo coltivato la certezza che il mercato volgesse sempre più verso la frammentazione, che il cliente ricercasse una scelta vasta ed in continua crescita. In questa direzione si sono sviluppate tutte le merceologie; si pensi al caffè che fino a due decenni orsono era “in grani o macinato” ed ora tra cialde, capsule e miscele, necessita di spazi estesi per proporre una scelta rappresentativa. Anche nell’ortofrutta la Grande Distribuzione si è orientata in tale direzione e possiamo spiegarne i motivi:

1. la coerenza con gli altri segmenti merceologici (caffè, toiletries, eccetera);

2. ampliare l’offerta e creare un vantaggio competitivo sul dettaglio specializzato, impossibilitato ad estendere la proposta;

3. eludere il confronto prezzi, che su molti articoli si disperde;

4. la pressione dei produttori agricoli alla ricerca di nuove cultivar, ove accrescere la marginalità che per l’ortofrutta di base è minore.

Ma oggi, siamo convinti che l’evoluzione del cliente lo renda ancora sensibile ad un’offerta così ampia? Il cliente esprime oggi due caratteristiche comuni a tutti i segmenti attraverso i quali gli istituti specializzati tentano di classificarne il comportamento:

1. è meno fedele, anche perché nel suo raggio d’azione accanto al solito supermercato sono nate altre insegne, discount e centri commerciali;

2. non ha tempo o ,più esattamente, non vuole sprecarlo; possiamo ritenere che il trovarsi davanti ad una proposta di 20 mele di diverse varietà lo ponga in difficoltà; deve confrontare i prezzi, l’aspetto della frutta, le promozioni, i calibri, la maturazione, eccetera.

Per molti clienti diventa preferibile affidarsi ad un esperto, individuato nel fruttivendolo o ambulante, che può soddisfare le sue esigenze (qualità, prezzo, freschezza, eccetera). In tale direzione, fa riflettere anche la crescita delle spese a domicilio, ove il consumatore rinuncia a scegliere con la vista.

Peraltro la GD, estendendo l’offerta con l’obiettivo di offrire al cliente una scelta molto ampia, ha commesso alcuni errori:

– ha puntato alla presenza completa, già alla chiusura serale, di tutti i frutti ed ortaggi con la conseguenza, particolarmente per questi ultimi, di perdere al mattino successivo una giornata di freschezza;

– ha ridotto la presenza nel reparto ortofrutta degli operatori, ai quali il cliente potesse rivolgersi per assistenza e che prestino continua cura ad eliminare sfogliature o frutta deteriorata;

– ha posto in vendita frutta talora non maturata appieno, per estendere i tempi di esposizione;

– ha misurato i capi reparto sugli scarti, in un reparto ove è necessario gettare l’orticolo stanco.

I vantaggi sui quali il piccolo operatore ha potuto invece far leva per recuperare il favore della clientela, possono essere così individuati:

– il dialogo volto ad enfatizzare le caratteristiche dei prodotti e talora a motivare la loro imperfezione;

– il controllo attento dei propri approvvigionamenti, attività più ardua per la GD, causa i volumi commercializzati;

– la manipolazione della frutta & verdura è a cura del fruttivendolo; alcuni clienti sono avversi al vederla toccare nella GD da altri, oltre al danno che costoro creano nello sfogliare finocchi o lattuga o trattare con poca cura la frutta;

– nei periodi in cui un ortaggio è carente e dunque caro, lo specializzato può astenersi dal proporlo, motivandone l’assenza al cliente;

– infine non è tenuto a far pagare lo shopper, che molti sostengono abbia danneggiato le vendite a self service dal 1° gennaio 2018.

Quali correzioni di rotta potrebbe adottare dunque la Grande Distribuzione per recuperare il terreno perduto?

Dovrebbe eliminare dall’assortimento quanto considerabile superfluo dal cliente. E’ necessario esporre tante varietà di mele simili tra loro? Nelle mele Club, a parte casi come Pink Lady, che ha conquistato un suo mercato, il resto forse è di troppo. Ridurre l’assortimento pone però il buyer di fronte alla responsabilità della selezione, che un tempo era alla base del suo mestiere. Invece di assortire 10 patate, individuarne tre valide, selezionate per il proprio target, appare molto più arduo che ‘gettarne nell’arena’ molte, lasciando al cliente l’onere della selezione. Da tener conto che, fino a pochi lustri fa, i buyer della GD intraprendevano la loro attività battendo i mercati, maturando una conoscenza maggiore della nuova generazione che li frequenta poco.

Concentrare gli acquisti su una gamma inferiore di frutta o ortaggi alla ricerca della qualità migliore presenterebbe tuttavia alcuni punti critici che proviamo a individuare:

– maggiore specializzazione per ricercare ed individuare il meglio per il proprio cliente ed ulteriore attenzione nel serbarlo (più manutenzione dei banchi);

– l’onere di un ampliamento del parco fornitori e la ricerca di standard di qualità più stringenti;

– il rinunciare alla pratica della doppia asta per chi la pratica o comunque della ricerca delle quotazioni più basse; raramente la qualità va a braccetto con i costi bassi.

Questo approccio tuttavia, al di là dei punti critici citati, non sarebbe scevro di vantaggi per la GD; ne abbiamo individuati alcuni:

– se in luogo di 20 varietà di mele se ne commercializzano 10, la domanda si concentra su queste; dunque la rotazione per ciascuna mela diverrebbe più elevata, riducendo scarti e stock, oltre ad aumentare la freschezza;

– un minor numero di referenze riduce gli errori negli ordini, oltre a renderli più semplici;

– i controlli in piattaforma possono essere più accurati;

– lo spazio recuperato dalle varietà “superflue” può essere riutilizzato;

– possibile un minor numero di errori in bilancia da parte del cliente (talora intenzionali);

– minor tempo di carico dei banchi.

Senza dimenticare poi che la GD detiene già dei vantaggi competitivi formidabili, quali la presenza della IV e V Gamma e del biologico, tutti sotto lo stesso tetto ed offre al cliente il parcheggio.

Un riassetto organizzativo della GD nel suo approccio con l’ortofrutta, nella direzione qui indicata, tuttavia non sarebbe privo di conseguenze per il mondo agricolo, con crescenti difficoltà nel commercializzare varietà create, non per un bisogno da soddisfare, ma per un’esigenza di diversificazione. Queste varietà troverebbero ulteriori ostacoli nel proprio cammino verso gli scaffali e verso il cliente. Subirebbe conseguenze negative anche l’attività di ricerca & sviluppo delle società sementiere, che oltre a puntare alle evoluzioni per il prodotto di base, ricercano nuove varietà da proporre al mercato. Il rapporto commerciale con i buyer della GD diverrebbe più concentrato sulle esigenze del cliente e dunque la qualità tornerebbe al centro dell’attenzione.

Autore: Maurizio Nasato
Fonte: Corriere Ortofrutticolo


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