I droni rivoluzioneranno l'agricoltura? Considerando
il crescente numero di progetti e tecnologie innovative che si susseguono negli
ultimi mesi parrebbe di sì, con la viticoltura che si conferma uno degli ambiti
potenzialmente più interessanti. Alcune sperimentazioni si basano sull'uso di
sensori ottici e termici grazie ai quali sarà possibile analizzare piante e
terreni, individuando in modo puntuale e bloccando sul nascere – ad esempio -
le malattie della vite.Il tema dei droni in agricoltura è stato al centro di un
convegno intitolato “V.I.T.A. Come le scelte in viticoltura influenzano il
risultano, economico e ambientale. Le ultime novità nel settore viticolo”, che
ha inaugurato lo scorso 12 dicembre la Fiera dell'agricoltura di Santa Lucia di
Piave (Treviso). “Il Mit ha messo al primo posto i droni in agricoltura tra le
tecnologie che cambieranno il futuro”, ha spiegato Francesco Marinello, docente
del Tesaf dell'Università di Padova, tra i relatori del convegno. “Il reale
interesse dei droni è quello di rilevare dati per raccoglie informazioni”. In
questo modo, con sensori applicati ai droni e attraverso gli infrarossi, sarà
possibile effettuare un'analisi minuziosa che potrà individuare lo stato di
salute della singola foglia di un vigneto. Peronospora, oidio, botrite, saranno
così fermate prima che possano rovinare la coltivazione, ma sarà possibile
anche analizzare lo “stress idrico” della pianta. Al momento il sorvolo con i
droni è già usato come strumento di marketing e promozione delle aziende
agricole, attraverso la realizzazione di fotografie e video. Tra le direzioni
possibili di innovazione in agricoltura tramite droni vi sono inoltre le
irroratrici a tunnel, dispositivi che consentono di ottenere un risparmio
economico, in quanto recuperano buona parte del prodotto, e che potrebbero
realmente spegnere la polemica sulla dispersione dei fitofarmaci.
“L'atomizzatore a tunnel consente un recupero del prodotto fino all'85% e una
riduzione della deriva sino al 99%”, ha spiegato nel convegno Cristiano
Baldoin, tecnico del Tesaf dell'Università di Padova. L'alternativa sarà
aggiornare i tradizionali atomizzatori con ugelli adeguati e pressione corretta,
evitando “l'effetto nebbia”.
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