lunedì 1 luglio 2019

Agricoltura sociale: pubblicato il decreto con i requisiti minimi


Sulla Gazzetta Ufficiale n. 143 del 20 giugno è stato pubblicato un comunicato che annuncia la disponibilità sul sito del MIPAAFT del decreto ministeriale n. 12550 del 21 dicembre 2018 recante la “Definizione dei requisiti minimi e delle modalità relative alle attività di agricoltura sociale”.
Il decreto definisce i requisiti minimi e le modalità relative alle attività di agricoltura sociale di cui all'art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2015, n. 141.
Cos’è l’agricoltura sociale?
La legge 18/8/2015 n. 141, recante disposizioni sull’agricoltura sociale, ha riconosciuto che le attività esercitate dall’imprenditore agricolo, finalizzate allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, sociosanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, sono da considerarsi a tutti gli effetti attività connesse ai sensi del terzo comma dell’art. 2135 c.c.
All’agricoltura sociale è affidato lo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate.
La legge n. 141/2005 definisce come attività di agricoltura sociale quelle relative a:
          inserimento di persone disabili, lavoratori svantaggiati, minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale;
          prestazioni e attività sociali per le comunità locali (promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e servizi utili per la vita quotidiana);
          prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative anche attraverso l’ausilio di animali allevati e coltivazione delle piante;
          progetti finalizzati all’educazione ambientale e culturale, alla salvaguardia della biodiversità, alla conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.
Per poter esercitare l’attività di agricoltura sociale occorre rispettare i requisiti minimi richiesti dal decreto pubblicato lo scorso 20 giugno e dai provvedimenti attuativi delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano. In particolare, occorrerà ottenere il riconoscimento di operatore di agricoltura sociale. Chi esercita già tale attività da almeno due anni, sulla base di norme regionali preesistenti, potrà ottenere un riconoscimento provvisorio.
I requisiti minimi per le diverse attività contemplate per “l’agricoltura sociale”
Il D.M. 12550 ribadisce che le attività ammesse per l’esercizio dell’agricoltura sociale devono essere svolte dagli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135, in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali di cui all’art. 8 della L. 391/1991. L’attività potrà avere anche carattere stagionale, fermo restando il rispetto della continuità anche nelle annualità successive a quelle in cui avviene il riconoscimento delle autorizzazioni.
Ove richiesto dalle normative di ogni singolo settore, le attività saranno svolte in collaborazione con i servizi sociosanitari e gli Enti territoriali competenti tramite apposite convenzioni o altre forme contrattuali riconosciute delle norme vigenti.
L’articolo 2 del D.M. fissa i requisiti minimi e le modalità per le attività di inserimento socio lavorativo, attraverso percorsi stabili di inclusione socio-lavorativa e mediante l’utilizzo di forme contrattuali riconosciute dalla legge vigente. Nel caso di tirocini, andranno verificate e certificate le competenze acquisite dai tirocinanti.
I soggetti che potranno essere destinatari di tali percorsi devono essere costituiti da:
          almeno 1 unità lavorativa per aziende fino a 15 addetti;
          almeno 2 unità lavorative per aziende con un numero di addetti compreso tra 16 e 20 unità;
          almeno il 10% del totale degli addetti per aziende con oltre 20 addetti.
Le attività che prevedono prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità (art. 3 del D.M.12550/2018) devono essere volte prevalentemente presso l’azienda agricola. Pertanto, potranno essere svolte anche al di fuori delle proprietà fondiarie dell’impresa, purché siano attività funzionali alla valorizzazione del territorio.
Tali attività sono svolte dagli imprenditori agricoli o dalle cooperative sociali già menzionati, i quali possono avvalersi di specifiche figure professionali preposte all’erogazione di servizi che richiedono specifici requisiti previsti dalla normativa di settore.
Le prestazioni che affiancano e supportano terapie mediche, psicologiche e riabilitative (art. 4 del D.M.12550/2018) devono essere svolte prevalentemente presso l’azienda agricola. Quando la conoscenza o la fruizione della flora, della fauna e dei prodotti necessitino di recarsi all’esterno della struttura aziendale ciò sarà possibile, ma in via non prevalente, e potrà avvenire anche per lo svolgimento di attività mirate alla valorizzazione del territorio, della cultura e delle tradizioni.
Tali attività sono svolte in collaborazione con soggetti pubblici e privati, tenendo conto anche dei Piani sanitari nazionali e regionali per una durata minima stabilita da ciascuna amministrazione regionale. Anche in questa ipotesi è richiesta la presenza di figure professionali specializzate al fine di consentire lo svolgimento delle attività. La presenza di tali figure potrà essere dimostrata anche tramite accordi collaborazioni o convenzioni.
Tra le attività comprese in questa categoria vi sono quelle previste dalle “Linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (IAA)” di cui all’accordo Stato-Regioni e Province autonome del 25/03/2015:
          terapia assistita con animali (TAA);
          educazione assistita con Animali (EAA);
          attività assistita con animali (AAA).
          interventi di interazione uomo-anomale-ambiente finalizzati a migliorare le condizioni di salute, le funzioni sociali, emotive e cognitive delle persone con l’ausilio di animali allevati direttamente in azienda, nonché le terapie orto-culturali.
L’avvio di questa tipologia di attività, ove previsto dalla normativa di settore, prevede la notifica alle autorità sociosanitarie competenti.
Le attività finalizzate all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità e alla diffusione della conoscenza del territorio (art. 5 del D.M. 12550) devono essere realizzate attraverso progetti rivolti a bambini in età prescolare e persone in difficoltà sociali, fisica e psichica anche in collaborazione con suole di ogni ordine e grado.
Rientrano in questa tipologia di attività anche gli orti sociali, attività che potrà essere esercitata sia su terreni privati che pubblici, purché sia svolta da operatori riconosciuti dell’agricoltura sociale.
Tali attività possono essere svolte anche nell’ambito delle fattorie didattiche: in tal caso si rimanda alla normativa regionale specifica.
Le suddette attività possono anche essere svolte contemporaneamente dallo stesso soggetto purché vengano soddisfatti i requisiti minimi previsti per ognuna delle attività svolte.
Le strutture dedicate all’agricoltura sociale mantengono i requisiti di ruralità e non necessitano del cambio di destinazione d’uso, ma devono essere conformi alle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, accessibilità ed altre norme igienico-sanitarie previste per le singole attività effettivamente svolte.

Fonte: Consulenza Agricola.it


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