martedì 7 maggio 2013

Ortofrutta, la crisi si supera con l'organizzazione della filiera


Organizzazione delle filiere e aggregazione di prodotto come leve fondamentali per il rilancio dell’ortofrutta italiana. Questa è la prospettiva del forum della Cia-Confederazione italiana agricoltori tenutosi a Napoli, durante il quale sono state analizzate e discusse le varie criticità attraversate da un settore per cui vantiamo il primato produttivo europeo, focalizzandosi su due comparti specifici: il pomodoro da industria e la frutta in guscio.
L’ortofrutta italiana è un settore che vale 14 miliardi di euro l’anno e che attualmente rappresenta un terzo della Produzione lorda vendibile (Plv) agricola del nostro Paese. Eppure, nonostante le cifre da primato, si tratta di un comparto che è, purtroppo, fermo rispetto alla produzione mondiale, cresciuta del 24 per cento negli ultimi dieci anni. E la chiave per una decisa inversione di rotta sta proprio nel miglioramento dell’organizzazione della filiera ortofrutticola, agendo da una parte a livello comunitario, favorendo una riforma normativa che possa rispondere alle esigenze del settore, e dall’altra operando sul territorio per valorizzare, rafforzare ed eventualmente creare, quelle Organizzazioni dei produttori che applicano misure di sistema e valorizzano la commercializzazione dei prodotti dei propri soci. Insomma, Organizzazioni che guardano realmente al mercato.
Oggi la produzione ortofrutticola italiana si estende su 880 mila ettari e coinvolge circa 460 mila imprese agricole. Solo il 30 per cento, però, ha dimensioni superiori a 5 ettari, pur detenendo il 73 per cento della superficie complessiva dedicata a queste produzioni. Una situazione che va necessariamente superata, anche perché la quota di ortofrutta organizzata rappresenta appena il 35 per cento del totale. E questo nonostante l’Ocm preveda aiuti incentrati sulla costituzione e gestione delle organizzazioni dei produttori. Il problema organizzativo, quindi rappresenta uno dei nodi principali da sciogliere. Ci sono questioni strutturali, sociali ed economici che, legate anche a comportamenti anacronistici, non fanno decollare l’aggregazione dell’offerta.
Il settore soffre da tempo di ricorrenti crisi di mercato. Negli ultimi 4-5 anni l’ortofrutta “made in Italy” è stata investita da pesanti fasi critiche, dovute essenzialmente ad una estrema volatilità dei prezzi all’origine e allo scarso potere contrattuale dei produttori ortofrutticoli, alla forte concorrenza da parte del prodotto estero, spesso movimentato da dinamiche di puro stampo speculativo. A questo si aggiunge il calo dei consumi, provocati dalla difficile congiuntura economica del Paese. E così il quadro generale del settore diventa sempre più complesso e i riflessi per le imprese risultato gravemente negativi, soprattutto sul fronte dei redditi. Parlando del negoziato in corso a Bruxelles (i cosiddetti “triloghi”) sulla Politica agricola comune, nel forum è stata evidenziata l’esigenza che la discussione sulla riforma consenta uno sviluppo delle Organizzazioni de produttori, rendendo più coeso e valido l’attuale quadro normativo, e migliori la futura Ocm ortofrutta, tenendo conto delle esigenze degli imprenditori. E’ chiaro, dunque, che per poter recuperare competitività e garantire reddito ai produttori, bisogna puntare all’aggregazione.
La costituzione di Organizzazioni di produttori, in grado di aggregare il prodotto, pianificare strategie competitive e sviluppare efficaci relazioni interprofessionali, l’aspetto prioritario e il principale impegno politico e professionale della Cia, anche con il supporto del coordinamento Agrinsieme, proprio con l’obiettivo di sostenere gli agricoltori nell’aggregazione dell’offerta, consentire una maggiore competitività sul mercato e favorire tutte le relazioni di filiera.

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