Organizzazione delle filiere e aggregazione di prodotto come
leve fondamentali per il rilancio dell’ortofrutta italiana. Questa è la
prospettiva del forum della Cia-Confederazione italiana agricoltori tenutosi a
Napoli, durante il quale sono state analizzate e discusse le varie criticità
attraversate da un settore per cui vantiamo il primato produttivo europeo,
focalizzandosi su due comparti specifici: il pomodoro da industria e la frutta
in guscio.
L’ortofrutta italiana è un settore che vale 14 miliardi di
euro l’anno e che attualmente rappresenta un terzo della Produzione lorda
vendibile (Plv) agricola del nostro Paese. Eppure, nonostante le cifre da
primato, si tratta di un comparto che è, purtroppo, fermo rispetto alla
produzione mondiale, cresciuta del 24 per cento negli ultimi dieci anni. E la
chiave per una decisa inversione di rotta sta proprio nel miglioramento
dell’organizzazione della filiera ortofrutticola, agendo da una parte a livello
comunitario, favorendo una riforma normativa che possa rispondere alle esigenze
del settore, e dall’altra operando sul territorio per valorizzare, rafforzare
ed eventualmente creare, quelle Organizzazioni dei produttori che applicano
misure di sistema e valorizzano la commercializzazione dei prodotti dei propri
soci. Insomma, Organizzazioni che guardano realmente al mercato.
Oggi la produzione ortofrutticola italiana si estende su 880
mila ettari e coinvolge circa 460 mila imprese agricole. Solo il 30 per cento,
però, ha dimensioni superiori a 5 ettari, pur detenendo il 73 per cento della
superficie complessiva dedicata a queste produzioni. Una situazione che va
necessariamente superata, anche perché la quota di ortofrutta organizzata
rappresenta appena il 35 per cento del totale. E questo nonostante l’Ocm
preveda aiuti incentrati sulla costituzione e gestione delle organizzazioni dei
produttori. Il problema organizzativo, quindi rappresenta uno dei nodi
principali da sciogliere. Ci sono questioni strutturali, sociali ed economici
che, legate anche a comportamenti anacronistici, non fanno decollare
l’aggregazione dell’offerta.
Il settore soffre da tempo di ricorrenti crisi di mercato.
Negli ultimi 4-5 anni l’ortofrutta “made in Italy” è stata investita da pesanti
fasi critiche, dovute essenzialmente ad una estrema volatilità dei prezzi
all’origine e allo scarso potere contrattuale dei produttori ortofrutticoli,
alla forte concorrenza da parte del prodotto estero, spesso movimentato da
dinamiche di puro stampo speculativo. A questo si aggiunge il calo dei consumi,
provocati dalla difficile congiuntura economica del Paese. E così il quadro
generale del settore diventa sempre più complesso e i riflessi per le imprese
risultato gravemente negativi, soprattutto sul fronte dei redditi. Parlando del
negoziato in corso a Bruxelles (i cosiddetti “triloghi”) sulla Politica
agricola comune, nel forum è stata evidenziata l’esigenza che la discussione
sulla riforma consenta uno sviluppo delle Organizzazioni de produttori,
rendendo più coeso e valido l’attuale quadro normativo, e migliori la futura
Ocm ortofrutta, tenendo conto delle esigenze degli imprenditori. E’ chiaro,
dunque, che per poter recuperare competitività e garantire reddito ai
produttori, bisogna puntare all’aggregazione.
La costituzione di Organizzazioni di produttori, in grado di
aggregare il prodotto, pianificare strategie competitive e sviluppare efficaci
relazioni interprofessionali, l’aspetto prioritario e il principale impegno
politico e professionale della Cia, anche con il supporto del coordinamento
Agrinsieme, proprio con l’obiettivo di sostenere gli agricoltori
nell’aggregazione dell’offerta, consentire una maggiore competitività sul
mercato e favorire tutte le relazioni di filiera.
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