martedì 24 luglio 2018

Uva da tavola: il Rinascimento italiano passa per la Puglia


Innovazione varietale, cambiamento delle logiche imprenditoriali, nuove generazioni di agronomi, accresciute professionalità tecnico-produttive, nuovi investimenti, un indotto strutturato e competitivo: questi sono i punti di forza dell’uva da tavola italiana, che sta facendo molti passi avanti nella direzione di un futuro sostenibile sui mercati globali.

Molti di questi fattori sono strettamente connessi. Lo spostamento graduale dal commercio alla produzione, che è iniziato seriamente solo qualche anno fa, sta vedendo i grandi operatori allontanarsi sempre più dalla tradizionale modalità di acquisto in campagna di partite “a blocco” o a peso, dove il rapporto con la produzione è basato sulla contrapposizione, sulla speculazione di breve termine, su contratti che spesso valgono solo la carta sulla quale sono scritti. L’acquisto in campagna, mentre per decenni ha arricchito i commercianti e gli esportatori, sta diventando per gli stessi una gabbia che ne limita la capacità di programmare, e ne mina la competitività quando i prezzi si devono basare non sui costi di produzione ma sulla speculazione degli acquisti alla produzione.

Gli investimenti nella produzione in proprio degli operatori medi e grandi stanno dando frutti fondamentali per lo sviluppo di lungo termine del settore: sono 14 gli operatori italiani che hanno stipulato accordi con i grandi costitutori varietali globali (Sun World, IFG, SNFL, AVI) e che hanno in produzione nel 2018 una superficie di 1000 ettari di nuove varietà di uve senza semi sottoposte a licenza, escludendo quindi le varietà libere come Crimson e Regal Seedless, e la varietà Superior Seedless – Sugraone che era stata piantata con la convinzione che fosse una varietà senza restrizioni.

Si tratta di oltre 50 varietà senza semi (segmentate per periodo di maturazione e colore) che eccellono per varie caratteristiche: produttività per ettaro, capacità di sviluppare pienamente il colore desiderato, gusto che incontra le esigenze dei mercati, semplificazione delle tecniche agronomiche, stagionalità estesa specialmente nel periodo tardivo (da ottobre a dicembre). Si stima che l’80% dei nuovi impianti di seedless sia costituito da varietà con licenza, mentre sta finalmente rallentando l’impetuoso sviluppo di Regal Seedless, varietà interessante per i produttori ma posizionata come una seconda scelta sui mercati.

L’interesse per le varietà internazionali ha innescato un circolo virtuoso che ha rivitalizzato i programmi di sviluppo varietali autoctoni. Tre iniziative private hanno recentemente raccolto il lavoro di alcuni programmi di ricerca attivi ma che funzionavano a regime ridotto. Si sono così creati tre poli: Grape & Grape, fondata nel 2016 da 7 membri e che ha già 252 ettari in produzione con le tre varietà Luisa, Fiammetta e Apulia, IVC (Italian Variety Club) fondato nel 2015 e che con un budget annuale di 300.000 euro sta concentrando la ricerca su varietà ottenuti da incroci con varietà autoctone e che hanno lunga familiarità nel territorio pugliese, e Nuvaut, l’iniziativa privata che nel 2018 ha rilevato 36 varietà sviluppate nel corso degli anni dal centro di ricerca pubblico CRA.

L’entusiasmo e le competenze di una nuova leva di agronomi stanno consolidando il processo di introduzione delle nuove varietà sui differenti areali di produzione pugliesi, rendendo più veloce e solido il processo di innovazione. Questo adattamento negli anni passati era stato spesso difficoltoso, arrivando anche a mettere in dubbio la validità di uve come Sugraone per le quali non si riuscivano a trovare le tecniche agronomiche adatte per produrre risultati interessanti.

Rimangono alcune zone d’ombra nel nuovo sentiero di sviluppo dell’uva da tavola italiana, tra cui la refrattarietà della grande distribuzione italiana all’introduzione delle varietà senza semi, i costi di produzione, lavorazione e logistici spesso superiori a quelli dei concorrenti diretti (Spagna e Grecia), l’incomprensibile ritardo della Sicilia nello sviluppo varietale.

Ma la strada intrapresa dagli imprenditori pugliesi è destinata a dare i suoi frutti sui mercati nazionali ed europei, aprendo la strada ai mercati globali che potrebbero sviluppare presto tutta l’enorme potenzialità nascosta dietro all’insignificante 1% che rappresentano adesso le vendite sui mercati di oltremare sul totale delle vendite italiane.

Autore: Thomas Drahorad
Fonte: Corriere Ortofrutticolo

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