Lettera dell'Accademia dei Lincei sulla vicenda Xylella:
dopo l'appello ad agire tempestivamente contro la diffusione dell'infezione, la
Commissione Lincea sui problemi della Ricerca rileva come la drammatica
situazione che si è creata metta in luce "alcuni aspetti disfunzionali del
rapporto tra poteri pubblici e scienza purtroppo molto radicati in
Italia". In Puglia, scrive la commissione, "i ricercatori hanno
indicato con certezza Xylella come responsabile del complesso del disseccamento
rapido dell'olivo, sin dalla prima identificazione certa del batterio, nel
2013". Gli stessi ricercatori "hanno da subito invocato la necessità
di misure urgenti di contenimento ed eradicazione dell'infezione basate sulle
evidenze scientifiche". Ciononostante, "si è scelto di non dare
credito alle evidenze scientifiche e non dare seguito alle loro precise
raccomandazioni, impedendo per anni la messa in atto delle misure necessarie a
fermare l'epidemia e accusando i ricercatori di corresponsabilità nella sua
diffusione".
Questo "colpevole atteggiamento e il derivante
dannosissimo ritardo nella messa in atto delle misure di contenimento"
hanno fatto sì che il numero di olivi potenzialmente infetti sia passato in sei
anni "da qualche centinaio di migliaia a più di 20 milioni e la superficie
colpita da 80 chilometri quadrati a più di 1.800". Secondo la Coldiretti,
i danni della Xylella sono stimati in 1,2 miliardi di euro e il conto è
destinato a salire visti i tempi necessari per bloccare l'epidemia così diffusa.
A questo, rileva l'Accademia dei Lincei, si aggiunge la possibilità che
l'epidemia si possa estendere ad altre piante, come vite e agrumi, come
segnalato da infezioni in Toscana e altri Paesi, come Spagna, Germania,
Portogallo. Ascoltare i suggerimenti della comunità scientifica, secondo i
Lincei, avrebbe fatto risparmiare tantissimo: "la Commissione Lincea
auspica che questa paradigmatica vicenda aiuti in futuro a fondare le decisioni
politiche su solide evidenze scientifiche, distinguendole con chiarezza dalle
pseudoevidenze di parte".
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