venerdì 4 novembre 2016

Mafia: con clan +300% prezzi frutta, sottopagata nei campi

L'ortofrutta è sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi moltiplicano fino al 300% dal campo alla tavola anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali. L’operazione della Dia sulle infiltrazioni della criminalità sul patto tra casalesi e clan Riina nel settore agroalimentare dove si stima che il volume d'affari complessivo annuale delle agromafie sia salito 16 miliardi di euro secondo, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi.

I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose, sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione, secondo la Direzione Nazionale Antimafia. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio.


Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale.  Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura e racket estorsivo, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto.

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